A Napoli, tra black bloc e sostenitori di Salvini

La marcia festante contro il comizio di Salvini si è trasformata in un corteo violento: il racconto del nostro reporter

A Napoli, tra black bloc e sostenitori di Salvini

«Salvini spaccanapoli», letteralmente. La giornata di sabato nel capoluogo partenopeo è stata caratterizzata proprio da questa dicotomia: da una parte gli oppositori ideologici e politici di Matteo Salvini, dall’altra i suoi sostenitori. «Noi con Salvini» contro «Mai con Salvini».

Da giorni in città c’era tensione e onestamente era facilmente immaginabile che nel momento topico lo scontro dialettico diventasse fisico. Eppure il primo pomeriggio dissidente era cominciato in un clima di serenità e allegria; centri sociali, studenti, disoccupati, precari, movimenti politici e (pochi) cittadini che rappresentavano soltanto sé stessi. A dire il vero in piazza Sannazzaro ci hanno messo un po’ più del previsto per radunare un corteo realmente partecipato, ma intorno alle 15 qualche migliaio di persone è riuscito a partire alla volta della mostra d’Oltremare attraversando due quartieri di Napoli completamente blindati. È stata la galleria stradale che collega Mergellina a Fuorigrotta a fare quasi da spartiacque.

La marcia entra festante ed esce arrabbiata (guarda il video). Prima i balli e la musica, poi il silenzio inquietante. All’uscita dal tunnel qualcosa è cambiato: il corteo è meno colorato, in testa non ci sono più ragazzi e ragazze con le maschere di pulcinella a sorreggere striscioni di protesta, ma si fanno sempre più numerosi dei gruppi di persone a volto coperto, con i caschi in testa e vestiti completamente di nero. Saliamo su un balcone per osservare meglio la composizione cromatica della protesta, ormai contraddistinta da ampie macchie nere, specie tra le prime file. Si stanno preparando agli scontri annunciati. Eccola, l’altra faccia della Napoli antagonista. Quella minoritaria, ma quella che fa più rumore.

Capisco che il clima sia cambiato quando vengo aggredito furiosamente e senza alcun motivo da quattro giovani protetti dalle proprie maschere mentre faccio delle riprese al corteo (guarda il video). Vengo buttato a terra e preso a pugni in testa, mentre la telecamera impatta al suolo. Ma tutto sembra normale, ed altri militanti mi informano che «è normale che ti picchino, non puoi avvicinarti così tanto a noi. Vai via e zitto».

Davanti l’ingresso della fiera sono dispiegate da tempo le forze dell’ordine. Polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno avvolto la mostra d’Oltremare in un involucro protettivo. Sono gli ultimi minuti in cui i 700 agenti utilizzati ricevono le ultime disposizioni dai superiori. Arrivati a piazzale Tecchio le tensioni aumentano, volano le prime bottiglie e le urla si fanno più vicine. Il corteo si spezza, la stragrande maggioranza si blocca, mentre rimane un centinaio di violenti che aspettavano soltanto quel momento.

Da allora è guerriglia urbana, contro tutto e tutti. Volano sassi, transenne, bidoni della spazzatura, bombe carta, molotov. Gli agenti respingono un paio di volte i black bloc, mentre attorno alcuni giornalisti finiscono a terra per il fumo dei lacrimogeni. I napoletani, quelli veri, sono barricati in casa, nei negozi. Dalle vetrate osservano attoniti la guerra in casa propria e riprendono quel che possono con gli smartphone, tra facce impaurite e la consapevolezza di assistere alla distruzione del proprio quartiere. Fuorigrotta in quel momento è un pezzo del puzzle della guerra globale.

Tutto si dissolve nel giro di un’ora, quasi come se fosse una necessità fisiologica dare libero sfogo alla furia repressa, indirizzandola contro le forze dell’ordine - i bersagli preferiti degli antagonisti violenti - ma anche contro i giornalisti e contro il patrimonio pubblico, proprio quello che i loro slogan dicono di voler difendere. La «ritirata» dei violenti come un velo scoperto rivela il risultato di quei lunghi minuti di violenza. Auto e moto colpite, bidoni distrutti, esercizi commerciali danneggiati, mentre l’asfalto come ferito sembra ospitare un cimitero disorganizzato di oggetti contundenti. Al di là della barricata, dentro la fiera, Matteo Salvini inizia il suo comizio là da dove si sono conclusi i gravi episodi. «Complimenti De Magistris, stai crescendo una bella gioventù», esordisce il leader del Carroccio, che poi esplora i temi caldi della politica della Lega quali immigrazione, sicurezza, lavoro, famiglia. Nella platea non solo campani. Gli striscioni testimoniano la presenza di sostenitori dalla Puglia, dalla Basilicata, dalla Sicilia, dalla Sardegna. Non mancano le steccate ad alcuni «particolari» dissidenti partenopei: «Ho visto anche i neoborbonici protestare. Ma allora non avete capito niente? Stiamo dalla stessa parte».

L’intervento di Salvini si conclude tra applausi scroscianti delle migliaia di persone accorse. E’ l’altro volto di una giornata bifronte; e dire che fino ad un paio di anni fa nessuno avrebbe scommesso sul fatto che Salvini potesse avere un seguito a Napoli e al Sud. Forse questo dovrebbe far riflettere.

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