"Siamo un’organizzazione umanitaria. Questa campagna di discredito non ci aiuta". A parlare è Regina Catrambone, direttrice della Ong tra le più attive nel recupero di migranti nel Mediterraneo e finita nell'occhio del ciclone per le "ombre" nella gestione dei salvataggi.
Il "gioiello" di beneficienza di cui è direttrice si chiama Migrant Offshore Aid Station (Moas), una associazione con sede a Malta e che vanta nel suo arsenale due imbarcazioni (Phoenix e Topaz responder), diversi gommoni Rhib e alcuni droni. Una vera e propria flotta per recupero clandestini. A fondare l'associazione sono stati lei e suo marito Christopher, abbracciati nella foto qui sopra. Lui non è un uomo qualunque, ma un modesto milionario americano arricchitosi grazie ad una agenzia di assicurazioni specializzata nelle zone ad alto rischio.
Moas e le accuse di illegalità
Dalle assicurazioni alla filantropia, il passo è stato breve. In fondo aiutare gli stranieri è molto chic. Dopo aver fatto un viaggio a Lampedusa, nel 2013 la coppia d'oro decise di creare Moas e stabilirne la base operativa a Malta (La Valletta), dove i due milionari vivono e fanno affari.
Fino ad oggi, si legge nel sito, Moas ha salvato 33.455 stranieri dalle onde del mare lasciandoli in carico all'Italia. Che ora li ospita, accoglie e sovvenziona. Il fatto è che sulle attività di salvataggio delle Ong ci sono più ombre che luci. Per dirne una, Frontex le ha accusate di essere "colluse con gli scafisti", di caricare i migranti non in acque internazionali ma in mare libico e di accendere grossi fari per attirare i barconi. Accuse che oggi Regina Catrambone ha provato a respingere con una breve intervista al Corriere. "Tutte le nostre operazioni - dice - si sono sempre svolte sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana e nel rispetto delle convenzioni e del diritto internazionale del mare, pertanto nel pieno della legalità". Peccato, però, che più volte le navi delle Ong sono state viste in acque libiche e la Guardia Costiera nega di averlo mai autorizzato. Non solo. Sulle attività di Moas ha messo gli occhi anche la procura di Catania, che sta cercando di capire perché e in che modo queste organizzazioni riescano ad ottenere così tanti soldi da permettersi droni, navi e attrezzature per il salvataggio. "Ben vengano le indagini della magistratura", afferma la Catrambrone, dicendosi pronta a "collaborare".
Finanziamenti "opachi"
Alle domande sui finanziamenti, però, la milionaria non risponde, invitando tutti a guardare internet. "Ci sono tutti i conti pubblicati - dice - Moas è finanziata privatamente. In primo luogo da mio marito e da me. Ma anche e soprattutto da moltissimi donatori che credono in quello che facciamo, nella nostra professionalità e correttezza, e che per questo decidono di contribuire alla nostra missione". E qui casca l'asino. Moas infatti ha ricevuto 500mila euro da Avaaz.org, cioè la comunità riconducibile a Moveon.org, che a sua volta è riconducibile al "filantropo" milionario George Soros. Come se non bastasse, Christopher appare anche tra i finanziatori della campagna elettorale di Hillary Clinton con la generosa cifra di 416mila euro. Infine, tra i suoi più stretti collaboratori ci sono personaggi del calibro di Ian Ruggier, ex ufficiale maltese famoso per aver represso con la violenza le proteste dei migranti ospitati sull’isola. Prima soffoca le rivolte dei migranti a Malta, poi si pente e li aiuta trasportandoli - guarda caso - in Italia. Come mai Ruggier e la coppia Catrambone non li fa sbarcare a Malta? Forse perché loro non sono disposti ad accettare traghettatori, mentre l'Italia sì.
"Ong colluse con gli scafisti"
Di certo c'è che da quando le navi umanitarie si sono moltiplicate nel Mediterraneo e si sono spinte sempre più vicine alla costa libica, hanno sì aumentato il numero degli interventi (passati da 5% al 50% dei salvataggi totali), ma hanno anche incrementato i numeri dei morti. Perché? Semplice: gli scafisti mettono i disperati su barconi sempre più vecchi con sempre meno carburante, "tanto ci sono le Ong che le recuperano".
Filantropi per Papa Francesco
"Questa campagna di discredito certo non ci aiuta - replica la Catambrone - l’ha detto anche il premier Gentiloni. Siamo un’organizzazione umanitaria". Perché lo fanno? Semplice: "Per rispondere alla chiamata di Papa Francesco da Lampedusa contro la 'globalizzazione dell’indifferenza'".
"La mia famiglia e io - conclude la milionaria - ci siamo sentiti costretti ad agire. Non potevo sopportare che così tante persone morissero nello stesso posto dove sono cresciuta e dove in tantissimi vanno per le vacanze". Tanto ci pensano gli italiani a pagare per l'accoglienza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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