Ong-scafisti, le prove ci sono. Ecco perché il pm non può usarle

I rapporti e le intercettazioni arrivano da 007 stranieri e non si possono usare in un processo. Il pm: "Ma danno la conoscenza certa che questo avviene"

Ong-scafisti, le prove ci sono. Ecco perché il pm non può usarle

Le prove ci sono. E sono chiare: dimostrano che alcune delle navi Ong che pattugliano il Mediterraneo centrale hanno avuto contatti diretti con i trafficanti di uomini. Il pm di Catania, Carmelo Zuccaro, lo ripete da settimane ai quattro venti che non mancano le "evidenze". Solo che non possono essere usate come prove. Cosa significa?

Semplice: che qualora Zuccaro decidesse di iscrivere le Ong nel registro degli indagati e riuscisse a portarle in Tribunale, sebbene abbia intercettazioni inequivocabili, queste non potrebbero essere sfruttate per l'incriminazione. Le registrazioni di cui dispone il pool di magistrati catanesi, infatti, arrivano dagli 007 tedeschi ed olandesi. Per diventare giuridicamente delle "prove", cioè utilizzabili in Aula, dovrebbero provenire da organi di polizia giudiziaria. Zuccaro da tempo lamenta mancanza di risorse sufficienti, e finalmente il governo potrebbe concedergli qualche uomo in più. Ma per ora i documenti di cui dispone sono carta straccia di fronte a un giudice.

"Alcune agenzie - ha dichiarato ieri Zuccaro al sito LiveSicilia - che non svolgono attività di polizia giudiziaria hanno documentato i contatti ma si tratta di atti che non posso utilizzare processualmente, anche se mi danno la conoscenza certa che questo avviene". I servizi segreti esteri infatti si muovo con maggiore libertà di quelli italiani, ovvero senza l'autorizzazione preventiva di un magistrato. E questo, in base al codice penale italiano, rende le intercettazioni del tutto inutilizzabili. Chiaro? Si tratta di un cavillo legale, altrimenti le Ong sarebbero già in Tribunale a fornire spiegazioni.

Che gli scafisti siano soliti chiamare le organizzazioni umanitarie non è certo una novità. Il Giornale per primo ha dimostrato come i trafficanti assicurino ai migranti che il viaggio in mare è cosa semplice, tanto a recuperarli ci pensano "quelli delle missioni". In un nastro catturato dai servizi di intelligence esteri attraverso navi militari e segrete, si sente un dialogo surreale. Da una parte lo scafista: "Il tempo è brutto. Possiamo mandarli lo stesso?". Dall'altro un operatore delle Ong: "Mandateli, siamo qui". Non solo. Un video dimostra che alcuni barconi vengono scortati da moto d'acqua guidate da criminali fino ai natanti delle associazioni.

Un altro modo per "incastrare" le associazioni "opache" è quello di seguire i flussi finanziari. Ma non è cosa semplice. I natanti umanitari battono infatti bandiere di Stati diversi da quelli dove hanno sede legale le Ong. Moas, per esempio, risulta avere la base operativa a Malta, ma le sue due imbarcazioni (Phoenix e Topaz responder) sul pennone espongono i vessilli di Belize e delle Isole Marshall. Paesi poco famosi per la trasparenza fiscale.

Inoltre, sui fondi ricevuti dalle donazioni private ci sono molte ombre e poche luci (leggi: "Tutti i segreti delle Ong"). Come dimostrato da ilGiornale, gran parte delle Ong non specificano i nomi dei donatori che il più delle volte rimangono anonimi. E così chi fa "affari sporchi" finisce col farla franca.

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