Bruno Vespa dalle pagine de Il Giorno si interogga sulle recenti discussioni sul Fascismo sollevate da Emanuele Fiano e dal suo ddl e dalle esternazioni della Boldrini sui monumenti del Ventennio. "Quale significato dobbiamo attribuire al rilancio del reato di apologia del fascismo e alla proposta di abbattere addirittura i simboli residui del regime, compresi alcuni edifici pubblici?"
La legge Fiano
Vespa ricorda puntuale che "la legge Scelba prevede multe e condanne fino a due anni di carcere per chi voglia ricostruire il partito fascista o ne esalti metodi ed esponenti". Di certo Vespa non dimentica di ricordare "l'enorme responsabilità di Mussolini che con le leggi razziali consegnò alla morte seimila ebrei italiani e con l'entrata in guerra portò il paese alla rovina" . Bene, ma il quesito che si pone è brillante: "Ma se il parlamento di Scelba pensò di non punire la vendita di gadget fascisti, considerando fin da allora la Repubblica sufficientemente forte da sopportarli, dobbiamo farlo adesso?" Domanda retorica forse.
Il ripasso alla Boldrini
Ciononostante Bruno Vespa, archivia la legge Fiano e passa al capitolo Boldrini con particolare attenzione alla sua "stravagante proposta di abbattere i simboli architettonici del fascismo". Prima di affondare il colpo, il conduttore di Porta a Porta fa un breve e conciso ripasso storico del Ventennio: "Il Duce è stato (purtroppo) l'ultimo urbanista di Roma e non solo". In quel tempo infatti "nacquero complessi di grande funzionalità ed eleganza come la città universitaria della Sapienza e gli attuali ministeri degli Esteri alla Farnesina e dell'Industria in via Veneto, arricchiti da opere dei maggiori artisti del tempo". E ancora: "Senza dimenticare la Bonifica Pontina che procurò a Mussolini l'ammirazione internazionale"
L'affondo alla Presidenta
Chiuso il libro, passa al contrattacco: "Invece di pensare di abbattere i monumenti fascisti, dovremmo chiederci perché un quartiere fu costruito in quattro anni, mentre oggi nello stesso tempo non si riesce ad approntare un progetto di massima". Ma c'è di più: "Il fascismo fu la settimana di 40 ore lavorative, fu l'Iri e tanti altri enti pubblici economici che salvarono il sistema bancario, fu l'Inps, l'Inail, le colonie per centinaia di migliaia di bambini che mai avevano visto il mare. Ma fu anche dittatura severa, con una intellighenzia autorevole, ma ridotta, e una base di pagliacci incolti, capaci solo di manganello e olio di ricino" scrive Vespa.
Poi la chiosa: "Chi oggi inneggia al fascismo ne evoca la parte peggiore. Ne studiasse la parte migliore, potrebbe rendersi utile a una discussione serena, senza sfiorare i limiti di una impensabile apologia".
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