Papa Francesco ha esposto all'ingresso del Palazzo Apostolico in Vaticano il crocifisso che "indossa" il giubbotto salvagente - recuperato alla deriva nel Mediterraneo centrale il 3 luglio 2019 - donatogli da Mediterranea Saving Humans. Su Twitter il Pontefice ha pubblicato l'immagine ricordando che la croce è insieme segno di morte e di salvezza. Sono questi simboli di sofferenza, esposti in Vaticano nel Cortile del Belvedere, al centro del discorso rivolto da Papa Francesco ai profughi arrivati recentemente da Lesbo, in Grecia, con i corridoi umanitari. Il giubbotto, consegnato da un gruppo di soccorritori, "è appartenuto ad un migrante scomparso" in mare lo scorso mese di luglio. La croce, aggiunge il Papa, è trasparente ed esorta a guardare “con maggiore attenzione e a cercare sempre la verità"; ed è anche luminescente, "perché vuole rincuorare la nostra fede nella Risurrezione". l giubbotto e la croce, spiega il Pontefice, ci ricordano che dobbiamo tenere aperti gli occhi e il cuore. Non dobbiamo restare indifferenti davanti a morti causate dall’ingiustizia. "Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l'ingiustizia che li obbliga a attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l'ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare", spiega il Pontefice.
Una simbologia forte quella adottata da Papa Francesco per aprire una riflessione sulla necessità di aprire i porti ai migranti e a tutti coloro che ne hanno bisogno. "Salvare ogni vita umana - sottolinea il Santo Padre - è un dovere morale che unisce credenti e non credenti. Come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile. Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercé di trafficanti senza scrupoli. Come possiamo passare oltre, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano, facendoci così responsabili della loro morte. La nostra ignavia è peccato!", tuona Papa Francesco che sottolinea come un giorno "Dio ce ne chiederà conto".
"Non è bloccando le navi che si risolve il problema - aggiunge il Pontefice - bisogna impegnarsi seriamente a svuotare i campi di
detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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