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Torino, poliziotti contro la Appendino: "I rom ci stanno avvelenando"

Anche le rappresentanze sindacali di Polizia di Stato, Municipale, Penitenziaria e Vigili del Fuoco protestano contro il sindaco: "Quel campo rom deve chiudere immediatamente"

Torino, poliziotti contro la Appendino: "I rom ci stanno avvelenando"

Siulp, Sap, Siap, Osapp, Sulpl, Silpol, Conapo, Fns Cisl. Un elenco di sigle che stanno a significare nuovi guai per il sindaco Appendino che, oggi, è chiamata a rispondere del suo immobilismo dalle rappresentanze sindacali di Polizia di Stato, Municipale, Penitenziaria e Vigili del Fuoco. Variano uniformi e mostrine ma la richiesta è identica: “Chiudere immediatamente il campo di via Germagnano prima che sia troppo tardi”. In quell’accampamento di Torino nord, infatti, è stata rilevata la presenza di metalli pesanti che posso causare problemi nervosi, malattie immunitarie e tumori. “Quelle sostanze – denunciano i sindacati – stanno lentamente avvelenando tanto gli operatori della forze dell’ordine quanto i cittadini”. A poche ore dall’inizio del presidio di protesta che si terrà sotto il consiglio comunale, abbiamo intervistato Eugenio Bravo, segretario generale del Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia (Siulp).

Come mai questa levata di scudi contro la Appendino?
Perché siamo stufi di vederci negato un diritto che la nostra Costituzione dovrebbe garantire: quello alla salute.

Cosa c’entra il campo nomadi di via Germagnano?
In quel campo, già dallo scorso anno, è stata riscontrata la presenza di manganese, litio, stagno, cromo, tallio. Si tratta di metalli pesanti con elevata tossicità che, ogni giorno, avvelenano tanto noi agenti quanto i cittadini che abitano vicino all’insediamento.

Quindi cosa chiedete?
Chiediamo l’immediata chiusura di quel campo, perché la nostra salute non può esser messa in pericolo dall’immobilismo degli amministratori.

Come avete scoperto la pericolosità dell’insediamento?
Grazie all’esame del capello che ha rivelato la presenza di quelle sostanze velenose nel nostro sangue.

C’è un collegamento tra le attività svolte dai rom nel campo e la tossicità dell’area?
Qualcosa secondo me c’è. Dalle batterie delle auto sepolte a terra, alle guanine dei cavi di rame ed altro materiale che viene bruciato dai rom. Ma su questo è in corso un’inchiesta della magistratura che ha già provveduto a dichiarare il disastro ambientale.

In attesa che si muova qualcosa, vi siete attrezzati con dispositivi di sicurezza più incisivi?
No, continuiamo ad indossare la divisa ordinaria anche perché per proteggerci da una cosa simile occorrerebbe un equipaggiamento antibatteriologico e, come può immaginare, sarebbe economicamente impossibile assicurare simili dotazioni su larga scala. Stesso discorso vale per i cittadini che abitano lì vicino e che sono esposti ad un rischio ancor più grande del nostro. Le sembra possibile costringere anche loro ad indossare, nelle loro case, un equipaggiamento del genere?

Quindi non basterebbe una semplice mascherina?
Assolutamente no. Stiamo parlando di sostanze cancerogene.

Ma il problema riguarda solo questo campo?
Tra i venti punti del “Patto della sicurezza” che le rappresentanze sindacali avevano presentato durante le scorse amministrative c’era anche la verifica della tossicità di tutti gli insediamenti che insistono sul territorio torinese. Ma anche lì ci siamo scontrati con un muro di gomma, l’unico candidato sindaco a firmarlo è stato Alberto Morano.

Cosa vi aspettate da oggi?
Che

dopo mesi di inerzia la sindaca abbia l’acume politico di riceverci e, soprattutto, di dare seguito alle nostre richieste.

E se non dovesse accadere?
Non ci fermiamo. Questa è una battaglia collettiva.

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