Non è andata bene, le divisioni dentro l'Europa e tra l'Europa e gli Stati Uniti restano profonde, quasi che la crisi economica, l'immigrazione e il terrorismo islamico non siano ritenute emergenze gravi. Del G7 di Taormina, che si è chiuso ieri, resteranno solo le foto ricordo che immortalano la prima volta di Trump e di Macron nel club dei grandi del mondo, nulla di più. E sono foto più che altro di circostanza: sorrisi forzati, distanze calcolate, malcelata insofferenza. E poi la fretta di scappare via, tornare a casa annullando le conferenze stampa per non dover dare troppe spiegazioni alle centinaia di giornalisti in attesa.
L'unico a parlare, al termine dei lavori, è stato Gentiloni, un vero eroe a fare con dignità il padrone di casa avendo già in mano la lettera di sfratto. Ha parlato con rammarico del mancato accordo sul clima per via della rigidità di Trump. Noi non abbiamo nulla contro il clima, anzi, siamo amici del clima, ma ci preoccupa più che quello meteorologico quello che si respira nelle banche, nelle imprese, nelle città assediate da immigrati allo sbando e in ogni momento a rischio attentati. E su questo avremmo voluto sentire parole chiare che non sono arrivate, salvo le rituali «dichiarazioni congiunte» che lasciano il tempo che trovano.
Viene da chiedersi il perché di questi riti costosi, utili solo come passerella ai no global in cerca di visibilità. Per trovare l'ultimo vertice utile a qualche cosa bisogna tornare al 2002, quando Silvio Berlusconi, allora premier, come risposta alla lotta al nascente terrorismo islamico che aveva da poco colpito le Torri di New York, riuscì a portare la Russia di Putin dalla parte dell'Occidente e della Nato. Quella storica stretta di mano tra Putin e Bush siglò la fine della Guerra fredda e l'inizio della guerra congiunta contro il terrore. Poi arrivò Obama, la sua ossessione per Putin e sappiamo com'è finita: Libia, Siria, primavere arabe e via dicendo, fino alla nascita dell'Isis e all'invasione programmata.
Ci vorrebbe una nuova «Pratica di Mare», e servirebbero quegli uomini, magari non «nuovi» e «giovani» come quelli attuali che vanno tanto di moda, ma proprio per questo probabilmente migliori. Il fallimento del vertice di Taormina è la prova che, a volte, è proprio vero quel detto che recita: «Si stava meglio quando si stava peggio».
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