"Pronti a non eseguire ordini". E Salvini non dà udienza alla Ong

La Aquarius torna in mare dopo un mese. Msf e Sos Mediterranée: "Non porteremo migranti in Libia. La nave sarà costretta a rifiutare qualunque ordine da parte delle autorità marittime di sbarcare in Libia le persone soccorse"

"Pronti a non eseguire ordini". E Salvini non dà udienza alla Ong

La nave Aquarius è pronta a tornare di fronte alla Libia. Leva l'àncora e si dirige nell'area di mare dove spera di salvare migranti. Lo avevano annunciato ieri e oggi, in una conferenza stampa, confermano l'intenzione di navigare nelle acque ora più ostili del Mar Mediterrano. "Il motivo per cui torniamo in mare – dice Claudia Lodesani, presidente di Msf Italia - è che c'è un emergenza umanitaria in corso e noi ci occupiamo di questo, a noi non interessano i giochi politici".

A giugno l'Ong ha chiesto un incontro con Matteo Salvini ma "non ci è stato accordato finora". Ad aprire loro le porte è stato solo il presidente della Camera Roberto Fico. Ed è probabile che il Viminale non accordi presto di sedersi al tavolo con loro, visto che Msf e Sos Mediterranée sono pronte a non eseguire gli ordini che gli verranno impartiti se questi cozzeranno con i loro principi umanitari. Vedremo.

Le ultime notizie della Aquarius risalgono a un mese fa circa, quando la nave venne scortata dalle imbarcazioni della Marina italiana fino a Valencia. Erano i tempi del braccio di ferro tra l'Italia, le Organizzazioni non governative e i Paesi Ue, in particolare Francia e Malta. Msf teme la situazione si possa ripetere, quindi ha passato 30 giorni ad equipaggiarsi in modo da poter "fronteggiare una lunga permanenza di persone a bordo".

Il motivo di tanta preoccupazione è chiaro. Msf e Sos Mediterraneée hanno detto chiaramente che "Aquarius non sbarcherà in Libia persone soccorse in mare e non le trasborderà su imbarcazioni della Guardia costiera libica". Secondo Nicola Stalla, coordinatore di Sos Mediterranée, questo "sarebbe in contravvenzione con i diritti delle persone soccorse". Non è da escludere dunque che possa essere costretta a vagare per alcuni giorni in mare in attesa di accordi politici sulla decisione di dove sbarcare i profughi.

Il fatto è che l'Italia, così come l'Oim, ha riconosciuto il Jrcc (centro di coordinamento marittimo di Tripoli). Quindi tutto quello che avviene nell'area Sar della Libia è di loro responsabilità. Come si concilierà questo col fatto che la Aquarius rifiuterà "qualunque ordine da parte delle autorità marittime di sbarcare in Libia le persone soccorse in mare o di trasferirle su qualunque altra nave che le porterebbe" in Africa? È un mistero.

Quella delle due Ong sembra una vera e propria sfida all'Italia e alla Libia. "Laddove ci dovessero chiedere di ritardare gli interventi di soccorso in mare o di allontanarci dal luogo di soccorso .- spiega Stalla - Aquarius interverrà e non si allontanerà se non ci sarà garanzia di altri soccorritori pronti". Anche perché "noi diciamo che il Sar decide un place of safety che deve avere dei precisi requisiti che non può essere in Libia. Le persone soccorse in acque internazionali devono essere portate in un posto sicuro che non può essere un porto libico".

Per questo l'Aquarius ha consultato "esperti" in modo da essere (quasi) sicuri che "l'operato dell'Aquarius è aderente all'obbligo di soccorso in mare. La priorità della salvaguardia della vita umana in mare è inderogabile". Vedremo se sarà così o se la loro presenza in mare creerà conflitti internazionali.

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