Quando lo sport diventa un modello di integrazione. La lotta all'autismo e la forza del canottaggio

Un modello di integrazione promosso dalla federazione italiana canottaggio e rivolto ai ragazzi diversamente abili. Coinvolte tre città italiane: Torino, Roma e Palermo. Noi vi raccontiamo come si allenano i ragazzi in Sicilia

Quando lo sport diventa un modello di integrazione. La lotta all'autismo e la forza del canottaggio

Il canottaggio può aiutare i ragazzi affetti da autismo a superare i propri timori, a partire proprio dalla paura per l'acqua. Un progetto innovativo partito da tre città italiane: Torino, Roma e Palermo ha permesso di aiutare i ragazzi diversamente abili ad integrarsi in un percorso di inclusione sociale. Sempre più spesso si parla di disabilità e servizi assistenziali, la strada è tracciata in un welfare che riconosca i diritti delle persone disabili, ma tanto ancora si dovrà fare in futuro.
Intanto, sensibilizzare sui disturbi dello spettro autistico, sulla diagnosi, sulla ricerca ma anche sulla piena integrazione dei soggetti affetti da questa forma di disabilità è un modo per ripartire dal valore aggiunto che queste persone possono dare a chi le guarda senza giudicare.


Tra diritti calpestati, poca attenzione da parte delle Istituzioni e risorse sempre più limitate ci sono storie che vanno raccontate e la Sicilia, grazie ad un rete di volontari, mette in campo storie di integrazione e inclusione. Al molo sud del porto di Palermo i ragazzi disabili fanno canottaggio nello stesso specchio d'acqua, dove ogni giorno gli atleti agonistici si allenano per le gare ufficiali.


La Canottieri Telimar è stata scelta dalla Federazione Italiana Canottaggio come “Polo del Sud” per sviluppare un nuovo progetto, “Rowing For Ever”, rivolto agli atleti diversamente abili. Sostenuto da Fondazione Angelini e Fondazione Vodafone, il progetto prevede una fase di promozione di questa disciplina e poi di sviluppo dell’attività stessa. "Il fine primario è quello di integrare i ragazzi nel mondo dello sport - racconta Marco Costantini, capo allenatore della Canottieri Telimar e responsabile del progetto Rowing For Ever -. Si tratta di un modello innovativo che integra nello stesso gruppo ragazzi normodotati con atleti diversamente abili. Abbiamo iniziato lo scorso anno e abbiamo coinvolto in pochi mesi una ventina di ragazzi. Adesso puntiamo alle associazioni del territorio".


Tra un allenamento e l'altro ci sono anche loro: i genitori. Sempre attenti ma mai invasivi, presenti ma con un ruolo ben preciso che non travalica mai i confini. "È un bellissimo sport che aiuta tanto i nostri figli. Abbiamo capito che, ragazzi come i nostri che si allenano con le barche che utilizzano gli atleti normodotati, sono un valore aggiunto ed è l'unico esempio in Italia", racconta Maria la mamma di Valeria, una ragazza autistica che nel canottaggio ha trovato una nuova forma di espressione. I genitori seguono gli allenamenti incitano quando c'è da incitare, sono in silenzio quando le attività si fanno più intense ma sono sempre vigili e pronti ad intervenire in caso di crisi. "Mio figlio non trasmette chissà quali emozioni. Eppure quando lo vedo allenarsi capisco quanto questo sport gli faccia bene - dice Marcello papà di Alessandro -. Questi ragazzi non sono molto dotati ma sono straordinariamente speciali nella loro diversità".
Alessandro è uno di questi ragazzi, nel cassetto ha un sogno: la laurea in Storia e filosofia.

Nel frattempo si allena e gareggia tra l'Italia e Londra, dove recentemente ha vinto. "Spero un giorno di riuscire a vincere una medaglia per l'Italia", ci racconta prima di iniziare l'allenamento pomeridiano. E noi glielo auguriamo.

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