Raffaele Sollecito è stanco di essere additato come l'assassino di Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa a Perugia il primo novembre 2007. Insieme ad Amanda Knox, giovane americana in Erasmus in Italia, il pugliese ha subito anni di processo per poi uscirne da innocente il 27 marzo del 2015 quando la corte di cassazione li assolse entrambi "per non aver commesso il fatto". In carcere, con una condanna definitica per concorso in omicidio e violenza sessuale, solo Rudy Hermann Guede che, la notte dell'omicidio, si trovava nella villetta di Meredith.
Dai microfoni di Radio Cusano Campus, Sollecito ribadisce la sua innocenza: "Il popolo continua a trattarmi da colpevole, ma questo soprattutto perché l’immagine di me, fin dall’inizio, era questa, quella di un colpevole - tuona il ragazzo pugliese - Parlavano di me come un ragazzo di ghiaccio, come il diavolo che baciava Amanda fuori dalla villetta dove era avvenuto il crimine, in modo totalmente incurante di tutto e addirittura che pensava soltanto alle passioni. Però la realtà è ben diversa, più volte ho cercato di parlare e far capire che Amanda la conoscevo da cinque giorni e che cercavo solo di confortarla, perché la sua famiglia era a migliaia di chilometri di distanza. Ma questo non importa, perché tanto i media continuano a parlare di fatti pruriginosi e a distorcere la realtà e basta un servizio televisivo per influenzare le svariate milioni di persone che sono all’ascolto. La gente del processo, di quello che è accaduto nelle udienze, sa ben poco, ha altro a cui pensare. Preferisce avere la pappa pronta del tg dell’ora di pranzo. La mia così diventa una battaglia contro i mulini a vento”.
La rabbia di Sollecito è aumentata anche a seguito del risarcimento per ingiusta detenzione negato dalla corte d'appello di Firenze perchè, secondo i giudici, sarebbe stato il ragazzo, con le sue parole e i suoi comportamenti, a indurre i magistrati in errore: "Non sto bene. Visto tutto quello che ho passato durante tutti questi anni, per me è davvero una vergogna quanto accaduto. Abbiamo fatto ricorso davanti a una sentenza che è totalmente scritta in chiave accusatoria, una sentenza che di fatto è una nuova condanna, che non tiene conto di quanto emerso precedentemente in tutti i processi che hanno riguardato il mio caso.
Io ho fatto 4 anni di prigione, 3 anni e mezzo di carcere di massima sicurezza e altri praticamente sei anni di ingiustizie e in pratica sono rimasto in un limbo, in una specie di prigione agli arresti domiciliari, perché di fatto sia i magistrati che le persone hanno continuato a guardare di sott'occhio e a commentare tutto quello che faccio o che dico, tanto è vero che per una vera e propria vita devo dare conto agli altri, a chi ha pregiudizi e a tutti quelli che hanno visto di me un'immagine che in realtà non esiste". Raffaele racconta però di aver presentato ricorso nei confronti di quella sentenza che ritiene ingiusta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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