Renzi, Forza Italia e il voto Il rilancio di Berlusconi

L'intervista al Cavaliere: "Con Renzi la democrazia è sospesa, torniamo alle urne. Forza Italia porterà il centrodestra al 40%"

Renzi, Forza Italia e il voto Il rilancio di Berlusconi

Silvio Berlusconi ci accoglie sulla soglia di casa sua ad Arcore: «Grazie della visita e buon anno a lei e ai lettori del Giornale». Sul tavolino del salotto ci sono ancora le carte di una riunione appena conclusa.

Presidente, che cosa si aspetta lei dal 2016?

«Sarà l'anno della battaglia contro il regime della sinistra che ha sospeso la democrazia».

La sua è un'affermazione molto grave, che lei ripete con frequenza, eppure l'attuale governo ha i voti del Parlamento italiano.

«È proprio questo il paradosso. Le formalità della Costituzione sono state rispettate, ma la sostanza è stata profondamente tradita, fin dal suo primo presupposto. L'art. 3 dice che la sovranità appartiene al popolo: eppure l'ultimo governo scelto dal popolo italiano è stato il nostro nel 2008. Poi, solo manovre di palazzo, complotti internazionali e processi politici a sostegno della sinistra che non ha mai avuto dalla sua la maggioranza dai cittadini. Quando mai gli italiani, anche gli elettori di sinistra, hanno votato Monti, Letta o Renzi? Per questo ho parlato di due colpi di Stato recenti, quello che ha abbattuto il mio governo e quello che ha portato Renzi a governare grazie al voto di eletti del centrodestra che hanno tradito i loro elettori e a un premio di maggioranza che la stessa Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo. Con il risultato di un governo non solo non votato dal popolo ma contro il voto del popolo. E come se tutto questo non bastasse...».

Perché, c'è di peggio?

«C'è che il candidato premier del centrodestra, che ha sempre raccolto, dal 1994 a oggi, i voti di molti milioni di italiani, è stato cacciato dal Parlamento prendendo a pretesto una sentenza politica infondata e addirittura paradossale e applicando in modo retroattivo una legge incostituzionale come la Severino. Questo non è mai accaduto in nessuna democrazia occidentale. E quello che sconcerta di più è che nessuno sembra avere consapevolezza di questa situazione non democratica. La coltre di silenzio e di conformismo della politica, della cultura, dell'informazione, è pressoché assoluta».

Come pensa si possa uscire da uno scenario così grave?

«In un solo modo: con lo scioglimento delle Camere e con nuove elezioni. Anche il referendum sulla riforma costituzionale, sarà un banco di prova per Renzi e dimostrerà che la maggioranza degli elettori non vota a sinistra».Ne è davvero certo, Presidente? Se è così, perché Forza Italia nelle elezioni amministrative della prossima primavera non vuole correre con il suo simbolo? È una scelta che sembra dettata dalla paura, dalla voglia di non contarsi.«L'idea che Forza Italia non presenti il suo simbolo è semplicemente assurda. Mi chiedo se qualcuno possa davvero aver pensato una sciocchezza come questa. Ovviamente il nostro simbolo ci sarà e ci sarà per vincere. Il mio impegno è riportare Forza Italia sopra il 20% per vincere le elezioni con il centrodestra superando al primo turno il 40% dei voti».

Pensa di ottenere questo risultato con lei rintanato tra Arcore e Palazzo Grazioli?

«Nei mesi scorsi mi ero autoimposto il silenzio in attesa che la Corte europea, con la sentenza che mi riguarda, facesse finalmente giustizia, annullando una sentenza politica, paradossale e vergognosa della magistratura italiana. Mi era sembrata una questione di stile e di rispetto per le istituzioni».

E ora invece?

«La conseguenza della mia assenza è stata un calo di consensi per Forza Italia, privata del suo leader, mentre Renzi e Salvini erano e sono in televisione tutti i giorni, sei ore alla settimana. Non potevo permettere che continuasse così. È indispensabile rilanciare Forza Italia, perché il centrodestra sia vincente. Le faccio notare un dato che considero molto positivo: da quando sono tornato due volte in televisione, abbiamo guadagnato due punti nei sondaggi, e il centrodestra risulta più forte del Pd in qualunque rilevazione».

Lei parla spesso di unità del centrodestra, e in effetti si tratta di una condizione necessaria, senza la quale la vostra partita sarebbe già persa. Perché allora negli ultimi giorni si parla di una crescente freddezza nei rapporti con Lega e Fratelli d'Italia?

«Perché i suoi colleghi mi scusi durante le feste, quando il chiacchiericcio del teatrino della politica si spegne, devono riempire in qualche modo le pagine dei giornali. E allora sono costretti a inventarsi la qualunque. L'ennesima apparizione del mostro di Lochness oppure le presunte divisioni fra noi e i nostri alleati. Non è difficile capire che i nostri avversari facciano di tutto per alimentare queste voci, ma questo non le rende né vere né credibili».Giornalisti a parte, qual è la verità?«Con Lega e Fratelli d'Italia, al contrario, stiamo implementando una collaborazione cordiale e sistematica nelle aule parlamentari e sul territorio. Stiamo anche lavorando con serietà e determinazione sulle candidature alle amministrative: vogliamo individuare insieme i migliori uomini e donne non solo per vincere, ma per garantire alle maggiori città italiane cinque anni di buon governo. Ce n'è drammaticamente bisogno, alla luce del disastro lasciato in eredità dalle giunte di sinistra che hanno governato fino ad oggi».

Però i nomi del centrodestra tardano ad emergere, segno che le difficoltà ci sono...

«Guardi che non stiamo facendo una gara a chi arriva primo. Si voterà tra cinque mesi. La gara è a chi propone il candidato migliore e il programma più concreto e più realistico. Su questo i cittadini giudicheranno. Il resto appassiona solo i cultori del retroscena, del gossip, del pettegolezzo politico. Noi non parliamo a costoro ma alle italiane e agli italiani, e parliamo con la concretezza e il realismo che hanno sempre contraddistinto il nostro agire politico».

Alcuni, anche nel centrodestra, dicono che il mezzo migliore per individuare i candidati sarebbero le primarie, che affidano la scelta ai cittadini. Lei si è sempre detto contrario. Perché quest'opposizione così netta?

«Perché le primarie sono una finzione di democrazia. Non affidano le scelte ai cittadini, ma ai gruppi organizzati, e sono facilmente manipolabili anche dagli avversari. Ne vuole la controprova? Guardi quello che è accaduto nel Pd. I peggiori sindaci, come Marino, sono stati il frutto delle primarie. Io credo che una forza politica debba avere il coraggio e la capacità di dire agli elettori: questo è il nostro programma, questa è la persona che vi proponiamo per realizzarlo, giudicate voi se la scelta vi sembra adeguata».

Davvero nessun problema di equilibri con Lega e Fratelli d'Italia? Un candidato sindaco può spostare molti voti da un partito all'altro.

«Con la Lega e con Fratelli d'Italia abbiamo deciso due cose. Di mettere da parte il risiko delle appartenenze, il manuale Cencelli delle candidature, per scegliere i candidati migliori, e di sceglierli anche fra persone che non abbiano necessariamente una stretta appartenenza di partito. In linea generale privilegeremo coloro che abbiano dimostrato nella vita professionale, culturale, civile, di saper costruire, di saper realizzare, di aver ottenuto dei risultati concreti».

Scusi, Presidente, questo sembra quasi il ritratto del candidato del Pd a Milano, Beppe Sala, reduce dal successo dell'Expo...

«Con l'occasione le ricordo, alla De Luca, che l'Expo a Milano l'ho portato io, che il merito dell'Expo a Milano è tutto e solo mio. Quanto a Sala è un moderato e un manager capace. Ricordo come ha lavorato con noi ai tempi della giunta Moratti. C'è chi dice addirittura che avremmo potuto candidarlo noi».

Perché non l'avete fatto?

«Ci sono due aspetti che non mi piacciono affatto: il primo è che non apprezzo chi, in base alle proprie ambizioni, è pronto a mettersi al servizio di qualsiasi parte politica purché sia. È una di quelle forme di cinismo che allontanano i cittadini dalla politica. L'altro aspetto è che Sala è ovviamente la foglia di fico che Renzi vuol offrire al Pd per far dimenticare i danni creati dalla giunta Pisapia e avere una chance di vincere a Milano. È un metodo che la sinistra usa spesso: trovare un volto rassicurante per nascondere la sua vera faccia, che è uguale da decine di anni. Se non è così, Sala abbia il coraggio oggi, senza attendere le primarie, di proporre una forte discontinuità con la giunta Pisapia. Se lo farà, guarderemo con rispetto alla sua candidatura».

E il centrodestra, a Milano, che farà? Chi sceglierà?

«Decideremo al momento opportuno. Che non è ancora arrivato. Lei sa che abbiamo diversi ottimi candidati disponibili, uno dei quali ben noto ai lettori del Giornale...».

Capisco l'allusione, ma nel frattempo Forza Italia langue, chiudete la sede, licenziate i dipendenti...

«Siamo stati obbligati ad alcune scelte dolorose, anche per me personalmente, per colpa di una legge fatta su misura per colpire me e Forza Italia. Una legge che mi impedisce di sostenere economicamente il nostro movimento come ho fatto per vent'anni. Questo, unito alla abrogazione del finanziamento pubblico, ha creato una situazione di difficoltà, a noi e a tutte le altre forze politiche. Stiamo lavorando per superarla. Ho dovuto accettare, io che da imprenditore non avevo licenziato un solo collaboratore, di interrompere i rapporti con i nostri dipendenti. Abbiamo lasciato una sede prestigiosa, che era stata scelta in altre circostanze per trasferirci in una sede meno costosa».

E quindi?

«Ciò che è successo ci impone di lavorare in un modo nuovo, in fondo coerente con lo spirito originario di Forza Italia: un movimento basato sul volontariato, sul lavoro degli eletti e sul coinvolgimento diretto dei militanti, che sono tantissimi, e che sono il nostro patrimonio più prezioso. Forza Italia riparte da questo, e i risultati sorprenderanno tutti».

Riuscirete a farlo con una struttura così ridimensionata?

«È con le idee che si vince, non con gli apparati. Io credo che la politica debba saper cambiare rapidamente. Oggi non offre più rendite di posizione, comodi appannaggi, sistemazioni definitive. Occorre, per dedicarsi alla politica, una forte motivazione ideale, non la speranza di far carriera. Solo così la politica potrà ritrovare la fiducia degli elettori, oggi drammaticamente bassa, come dimostrano i dati sull'astensionismo, che riguardano soprattutto i moderati. Noi stiamo facendo la nostra parte, mi sto impegnando in prima persona e sono convinto che ci riusciremo. Anche utilizzando in maniera innovativa il web».

È una strada già battuta da Grillo, quella di usare la rete come strumento principale per creare un partito. Tenterete di imitarlo?

«Grillo ha usato la rete in modo distorto per costruire una finta democrazia dal basso, mentre in realtà le decisioni del suo movimento sono assunte da un direttorio di pochissime persone».

E voi come la userete?

«La rete è uno strumento formidabile che sta cambiando la comunicazione politica, perché consente un contatto diretto, personalizzato e interattivo con i cittadini. Può essere usata come mezzo di partecipazione, o strumentalizzata per disinformare e per manipolare il consenso. Noi ne faremo un uso intelligente e onesto, sarà la nostra sede virtuale, a cui tutti potranno accedere, nella quale tutti potranno lavorare insieme, sulle idee, sulle cose da fare, sulla diffusione nei nostri valori e dei nostri programmi».

Presidente, Lei ha posto più volte l'accento sul suo impegno in prima persona. Non è stanco, dopo vent'anni di battaglie politiche e di attacchi giudiziari? Non ha mai voglia di passare il testimone?

«Ne avrei tanta voglia, ma a chi? Senza di me Forza Italia si dissolverebbe e il centrodestra risulterebbe al terzo posto dopo il Pd e i 5 Stelle, che al ballottaggio prevarrebbero certamente sul Pd. Il mio senso dello Stato, il mio senso di responsabilità verso l'Italia e verso gli italiani mi impone, come nel '94, di fare di tutto affinché questo non accada».

Che ruolo immagina per se stesso?

«Quello dell'ispiratore di un vero centrodestra unito. Vede, gli altri leader del centrodestra, Salvini e Meloni, sono molto capaci nella raccolta del consenso, ma senza i moderati non si vince. Lo dimostrano le vicende elettorali di tutta l'Europa. Il nostro primo compito è riportare i moderati al voto attraverso il convincimento capillare di quegli italiani delusi, disgustati da questa politica e da questi politici che si sono rassegnati pensando che il loro voto non cambi niente e che quindi sia inutile andare a votare. È quella che ho chiamato la grande crociata per la democrazia e per la libertà, nella quale ci impegneremo tutti, io per primo».

A volte si ha l'impressione che lei soffra della solitudine del leader, mentre intorno a lei Forza Italia si divide in fazioni, ripicche, personalismi. Le divergenze fra i due capigruppo, Brunetta e Romani, sono all'ordine del giorno, e ora si parla anche di colonnelli azzurri...

«Tutte sciocchezze. Solo pettegolezzo politico. È sgradevole dirlo parlando di se stessi, ma Forza Italia ha una sola linea politica, della quale da vent'anni l'unico responsabile e l'unico garante sono io. Lo sono per la fiducia che da vent'anni mi attribuiscono liberamente decine di milioni di elettori, milioni di simpatizzanti e di militanti, migliaia e migliaia di eletti, di dirigenti e di amministratori locali. Il resto sono solo opinioni personali, legittime, ma che si devono discutere, semmai, nelle sedi interne».

Il solito dilemma: ricambio o non ricambio?

«Certo che ci sarà il ricambio. È possibile anche perché in questi anni sul territorio in Forza Italia è cresciuta una nuova classe dirigente, preparata, e molto motivata. I professionisti della politica se ne sono andati tutti. Si sono auto-rottamati. Oggi intorno a me ci sono giovani, molto preparati e determinati. Questa nuova classe dirigente che presto si farà conoscere, rappresenta il futuro di Forza Italia e saprà assumersi con il mio aiuto e con il mio sostegno, le necessarie responsabilità».

Torna il Berlusconi ottimista...

«La mia non è solo la lucida follia di Erasmo, né l'ottimismo della volontà al quale dovrebbe contrapporsi il pessimismo della ragione.

È invece la ragionevole certezza del fatto che gli italiani sapranno reagire alla attuale sospensione della democrazia e al regime che si è determinato. La battaglia sarà difficile ma sono sicuro che saremo capaci di ridare all'Italia e agli italiani la democrazia e la libertà».

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