I rischi di una società femminilizzata

Ridateci i maestri. L'invasione rosa della società parte dalla scuola

I rischi di una società femminilizzata

I ragazzini maschi saranno i proletari di domani? Molti segni lo farebbero temere. A cominciare dal fatto che le professioni di formazione e di cura, quelle in cui prende forma la società di domani, sono ormai massicciamente occupate dalle donne. Il «codice materno» ha ormai da tempo soppiantato quello maschile e paterno in tutti i settori che si prendono cura dello sviluppo e della cura della mente, del corpo e dell'anima delle persone. Dalla scuola alle strutture ospedaliere, alle formazioni psicologiche e sociali, senza escludere l'amministrazione della giustizia. La graduale prevalenza delle donne sembra però allontanare i maschi da questi settori strategici nella società. L'esempio più chiaro di cosa accade lo fornisce la scuola dove, ad esempio, le sovraintendenti al sistema scolastico inglese segnalano che i ragazzi hanno ormai solo un quarto delle possibilità di accedere all'università rispetto alle loro colleghe donne. In questo processo di femminilizzazione complessiva non rischiano però solo i maschi. Non è infatti per niente sicuro che i Paesi occidentali, dove i saperi superiori sono trasmessi sempre più esclusivamente da donne ad altre donne, se la caveranno poi benissimo nelle tempeste (non solo economiche, ma anche di costume ed esistenziali) della vita postmoderna. L'alleanza della donna e dell'uomo, le due «specie diverse», è infatti indispensabile alla continuazione e allo sviluppo della vita umana nel suo complesso. Servono entrambi sia sui banchi ad imparare, ma anche in cattedra ad insegnare, nelle corsie d'ospedale e nelle formazioni psicologiche. I maschi più trasgressivi e le ragazzine più diligenti. Senza insegnanti maschi non c'è la sintesi e il gusto dell'avventura, senza il metodo e la precisione femminile tutto rischia di diventare agitato come un mare in tempesta. I guai cominciano quando, come accade oggi un po' in tutto l'Occidente, i maschi spariscono dalla scuola (e poi dal resto delle attività formative della società). Prima dalle cattedre e poi anche sui banchi. In Italia sono donne quasi il 98% degli insegnanti fra asilo e scuole primarie, e il 68,4% tra media e superiori. I maschi passano così la quasi totalità della loro vita fino alla maggiore età affidati a donne: la mamma a casa e le insegnanti a scuola. Non è quindi il caso di domandarsi troppo come mai, appena possono (e magari anche quando non ce ne sarebbe ragione, perché neppure lavorano), a scuola non ci vanno più. Perché quello è un ambiente di un'altra specie, non la loro. Magari anche impegnata e interessante, ma da cui dopo un po' di anni sei stufo di prendere lezioni. Centomila volte meglio fare il barista o il postino, come i ragazzi londinesi che scorrazzano felici in bicicletta per consegnare plichi e lettere. Rimarranno poveri? Probabile. Ma sempre meglio (pensano) di una prof dopo l'altra.

Neppure da escludere che i provvisori saperi trasmessi loro dalle femminilizzate università di massa dopo un paio d'anni non corrispondano più a nessun posto di lavoro, e che quindi facciano prima a imparare le arti della cucina, o di qualche altro mestiere «di strada». Certo è però che la «matrizzazione» della scuola non serve a nessuno.

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