La famiglia dei due fratelli marocchini coinvolti negli stupri di Rimini sarebbe dovuta rimpatriare tre anni fa, grazie ai 20mila euro stanziati dallo Stato ma la madre rifiutò quei soldi.
“Avevamo trovato i soldi, più o meno 5 mila euro a persona o forse di più, per farli rientrare in Marocco dove si trovava il padre già espulso. Tutto era pronto, anzi madre e i quattro figli erano andati in caserma per partire. Poi non so cosa sia successo”, rivela al Resto del Carlino, Palmiro Ucchielli, sindaco di Vallefoglia, il paese dove risiede la famiglia dei due minorenni marocchini accusati degli stupri di Rimini. “Attraverso il tribunale dei minorenni ci siamo ritrovati il padre di nuovo a Vallefoglia mentre noi ci aspettavamo che la famiglia se ne andasse per sempre”, spiega ancora Ucchielli. “Ricordo – continua il primo cittadino – che non era d’accordo col rimpatrio nemmeno il console, ma alla fine c’era stato il nulla osta. Poi è saltato tutto e la famiglia oltre al padre è rimasta qui”.
Il problema nasce dal fatto che, secondo la legge, il rimpatrio di figli minorenni nati in Italia può avvenire solo se c’è il consenso di entrambi i genitori. La madre inizialmente aveva accettato quei 20/25 mila euro e il viaggio pagato ma, poi, il marito ha impedito l’accordo perché in tal modo sarebbe potuto tornare in Italia, nonostante fosse stato espulso da anni. Impedendo l’accordo ha così potuto ricongiungersi con la famiglia, patteggiando una pena a 1 anno e 4 mesi che sconta ai domiciliari dato che il suo rientro era avvenuto illegalmente. Davanti al tribunale dei minori di Ancona aveva promesso che col suo rientro avrebbe messo in riga i figli ma, come è ovvio, non vi è riuscito. La madre, invece, andrà a processo a causa delle cinque querele presentate dalla vicina di casa, perseguitata sia dalla donna che dai figli, inviati a insultarla e picchiarla. La donna, ora ha avuto una prognosi di quindici giorni per guarire mentre la marocchina è stata ammonita per stalking.
I due fratelli marocchini, invece, sono conosciutissimi a Vallefoglia, sin dai tempi della scuola media quando si comportavano da bulli. Una loro insegnante spiega: “Il problema vero è che questi due fratelli erano abbandonati a loro stessi. Non avevano da mangiare, letteralmente. Facevamo degli acquisti a turno per comprargli panini e cibo. Avevano delle potenzialità positive ma la loro condizione familiare azzerava tutto”. “Sapevano di non dover rendere conto a nessuno, perché il padre a quel tempo era in Marocco, forse in carcere, e qui stavano con la madre, che non lavorava, e altri due fratellini.
Il Comune - conclude - pagava bollette, spesa, affitto, la Caritas offriva il pacco ma quei figli non studiavano e non volevano ascoltare. Perché non erano stati educati a farlo. Oggi purtroppo abbiamo avuto la prova di cosa ha prodotto quell’abbandono”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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