La rivolta degli italiani contro il "villaggio dell'islam"

La comunità islamica acquista un ex macello di 2mila metri quadri a Casalgrande. I giornali parlano di "villaggio dell'islam". Residenti sulle barricate

La rivolta degli italiani contro il "villaggio dell'islam"

La sala della scuola elementare è piena fino all'orlo. All'esterno urla irritata una folla di gente rimasta senza posto. A Casalgrande, piccolo comune tra Sassuolo e Reggio Emilia, non si era mai vista una partecipazione così ampia ad un incontro col sindaco. La calca fa tornare alla mente le barricate erette nel 2016 dai cittadini di Goro e Gorino contro l'arrivo dei migranti. Solo che qui non ci sono profughi da respingere, ma il progetto dei musulmani di creare in paese quello che è già stato rinominato il "villaggio dell'islam". Un'enorme "centro polifunzionale" finanziato dalle donazioni dei fedeli di Allah (guarda il video).

Tutto inizia quando la Associazione Comunità Islamica di Sassuolo (Acis) acquista all'asta un ex mattatoio di 2mila metri quadri nella frazione di Veggia di Casalgrande. Il prezzo è basso e lo stabile enorme. I musulmani hanno un "sogno": "Creare un centro polivalente - spiega il referente Hicham Ouchim - con una sala conferenze, aule didattiche, un teatro e altri servizi". L'Acis rigetta il nome di "villaggio (solo) islamico" perché - assicurano - "sarà aperto a tutti".

Ma la notizia (e la definizione) iniziano ad allarmare i cittadini. Forza Nuova appende uno striscione "Veggia è cristiana" e sui cancelli dell'ipotetico "villaggio" spunta una testa di maiale. Ci pensa don Carlo Taglini a inviare una lettera ai fedeli per elencare tutti i motivi per opporsi al progetto: la legge di Maometto "contrasta con i principi costituzionali", Veggia conta già 200 stranieri su poco più di mille abitanti e così "rischia di diventare un ghetto islamico". Senza contare che "una struttura enorme con corsi di corano può interessare solo gli islamici" e potrebbe portare alla "disintegrazione sociale" del paese.

Nella dura polemica esplosa col sindaco del Pd, gli abitanti della frazione si schierano col don. "Non abbiamo bisogno di questa struttura", sussurrano due donne sedute ai tavolini dell'oratorio. "Noi aiutiamo molti musulmani in difficoltà: il rischio è che si torni indietro sulla strada dell'integrazione". In fondo, fanno notare, la parrocchia garantisce già tutto il necessario per gli stranieri: la raccolta viveri, un sostegno per gli affitti, il bar, il doposcuola per i bambini e tutto il resto. "Neppure i ragazzi musulmani e i loro genitori che vengono qui sono d'accordo con la costruzione del centro: per loro sarebbe una regressione".

A dire il vero in Comune non è ancora arrivato alcun progetto ufficiale. Per il sindaco Alberto Vaccari (Pd) "il piano regolatore ha degli obiettivi molto chiari per quella zona" tali da rendere "infattibile" l'idea così come presentata dall'Acis: attirerebbe troppe persone in una via stretta e senza parcheggi. Eppure il piano regolatore si può cambiare, basta votarne uno nuovo. I musulmani lo sanno, e i residenti pure.

"Il sindaco continua a dire di non aver nulla in mano - fa notare Lucia - ma noi temiamo di ritrovarci presto a cose fatte". Orlando è più duro: "Degli islamici non ci si può fidare, gli concedi un dito e si prendono il braccio". Per Maria, invece, "questo diventerà a tutti gli effetti un ghetto". I cittadini insomma sono sulle barricate. All'assemblea pubblica di lunedì sera si sono presentati in 250. Uno scontro infuocato. "Ci stanno già facendo dei lavori - protesta un residente - Che autorizzazioni hanno avuto?". Elena Diacci, di Forza Italia, incalza il sindaco (guarda): "Ma lei, al di là degli impedimenti tecnici, lo vuole questo centro?". "Non è un mio sogno", risponde Vaccari.

"Ma il progetto verrà valutato allo stesso modo che lo presenti un cristiano o un musulmano". La folla rumoreggia. Il timore, condiviso da molti, è uno solo: "Ora la mascherano come un struttura polivalente, ma lo sappiamo tutti che dietro si nasconde una moschea".

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