Sono accusati di truffa aggravata e indebita compensazione di debiti tributari e previdenziali con crediti inesistenti, un imprenditore romano e il faccendiere protagonista dell'inchiesta giornalistica "Panama Papers". Per questo la guardia di finanza di Roma ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale capitolino nei confronti dei due uomini. Si tratta del professionista romano Gian Luca Apolloni, operante in Italia e all'estero, emerso nell'indagine "Panama Papers", e dell'imprenditore Roberto Laganà, titolare della "RTS" società cooperativa, attiva nel settore dell'intermediazione di forza lavoro. Apolloni è già noto alle cronache giudiziarie. Il 17 luglio 2013, infatti, era stato arrestato per delitti tributari a seguito di indagini condotte dalla Dda di Bologna, nel cui ambito erano peraltro emersi collegamenti con Massimo Ciancimino, figlio di Vito, già sindaco di Palermo e legato a Cosa Nostra.
Il 15 maggio scorso, invece, è stato portato in carcere a San Vittore su disposizione dell'autorità giudiziaria milanese, dove si trova tuttora, per il coinvolgimento in reati fallimentari. L'indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Milano, è iniziata proprio dalle rivelazioni dell' "International Consortium of Investigative Journalists" (il consorzio internazionale dei giornalisti investigativi), quando ha reso pubblici i dati dello studio legale panamense "Mossack Fonseca". Secondo le attività investigative eseguite dal nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma e dall'ufficio antifrode dell'Agenzia delle Entrate Apolloni era l'intermediario finanziario per la creazione di oltre duecento "società schermo" a Panama, collegate a ulteriori imprese con sede a Samoa, Bahamas, Anguilla, Isole Vergini Britanniche e Cipro.
Attraverso le indagini tecniche e le perquisizioni, le fiamme gialle hanno, inoltre, scoperto che la società RTS di Laganà, per neutralizzare i propri debiti fiscali e previdenziali, ha eseguito numerose compensazioni indebite (in parole povere non pagava le tasse) -presentando modelli di pagamento F24 relativi a crediti d'imposta inesistenti - per oltre 15 milioni di euro. La società, su direttive di Apolloni, simulava investimenti in aree disagiate del sud-Italia per vantare crediti d'imposta fittizi utilizzando il codice tributo legato ai programmi di defiscalizzazione per incentivare lo sviluppo di quartieri e aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale. Il tutto è stato confermato da una verifica fiscale eseguita nei confronti della società, grazie al coordinamento tra la Procura della Repubblica e la Direzione Metropolitana dell'Inps, che ha impedito il rilascio del Durc (il Documento Unico di Regolarità Contributiva) richiesto dalla cooperativa agli uffici del lavoro. Infine, Apolloni ha truffato numerose persone che si erano rivolte a lui, su suggerimento di alcuni funzionari di una banca lussemburghese, per gestire le operazioni di rientro di capitali detenuti all'estero tramite la procedura della voluntary disclosure(è la "collaborazione volontaria", cioè lo strumento che consente ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all'estero di regolarizzare la propria posizione denunciando spontaneamente all'Amministrazione finanziaria la violazione degli obblighi di monitoraggio). Spacciandosi per commercialista e professore di diritto tributario Apolloni proponeva agli investitori di occuparsi in prima persona delle incombenze del caso, chiedeva lauti compensi a titolo di competenze professionali e si faceva accreditare le somme apparentemente necessarie per il pagamento - in realtà mai avvenuto - delle imposte dovute. Il tutto per una truffa di circa 2 milioni di euro ai danni di otto vittime, clienti del professionista. Le somme di denaro, anziché versarle all'erario, le incassava a suo proprio esclusivo vantaggio.
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