O gli italiani riprendono gusto alla vita e quindi all'amore, o spariscono. Con questo tasso di natalità la popolazione italiana va verso l'estinzione o sostituzione, in tempi neppure lunghissimi. Ce ne stiamo finalmente accorgendo, anche per via della disturbante campagna con cui è stata presentata dal ministero della Sanità la «Giornata della Fertilità». Meglio tardi che mai. I soldi vengono dopo. Tanto è vero che la Germania, più generosa di noi verso madri che lavorano, padri disposti a stare a casa, asili aziendali eccetera, corre il nostro stesso rischio: sparizione o sostituzione. Se ti metti a fare i conti prima di fare l'amore, vuol dire che non hai tanta voglia. Che sei entrato in uno stile di vita antivitale, calcolatore, poco disponibile all'altro e agli altri; forse è meglio che lasci perdere. È necessario allora però che tu, e il tuo Paese, capiate cosa vi è successo.
La colpa non è certo delle donne, avide di carriere e di soldi, o dei maschi astenici e infantili. Il fatto è che qui non si innamora più nessuno, o quasi. Non è un problema solo italiano, è quello dell'Occidente oggi. Dove di soldi (malgrado le enormi sacche di povertà, che i bambini però continuano a farli) ne girano più di sempre, ma di figli se ne vedono sempre meno. L'individuo, questo protagonista del mondo moderno, è sempre connesso, ma anche chiuso in se stesso. Tanto è vero che non muore quasi più per infezioni o virus trasmessigli da qualcun altro, ma si spegne castamente, in oltre i tre quarti dei casi, per malattie che si fabbrica da solo: le famose Ncd - non communicable disease - malattie non comunicabili, vere protagoniste dei rapporti dell'Organizzazione mondiale della Sanità. Se le procura con stili di vita antivitali, intossicandosi con droghe di vario genere, ingurgitando cibi, sostanze, liquidi (che se arrivano in popolazioni vergini le sterminano in pochi anni), procurandosi diabeti inarrestabili, disturbi circolatori letali. Avvelenando l'aria, l'acqua e la terra per cui neppure troppo tardi qualche tumore arriva, e la spinta a riprodursi di sicuro non ne guadagna.
In questo modello autoriferito, diffidente, brillante ma malsano e anche noioso, i rapporti tra i due, maschio e femmina, non se la passano affatto bene. Sembrano entrambi terrorizzati: di innamorarsi, di fare l'amore, di stare assieme, e naturalmente anche di fare figli. Nessuno ha spiegato loro che tutti questi sono rischi tremendi ma bellissimi, costitutivi comunque della vita, che senza di essi neppure esiste, e viene sostituita da psicofarmaci.
E se la maternità naviga tra i problemi impietosamente illustrati dalla Sanità, i maschi non solo hanno congedi di paternità ridicoli, ma vengono da decenni di esilio psicologico e simbolico, dove il padre era considerato un residuo di epoche passate, di cui il Paese doveva sbarazzarsi al più presto (se ne discuterà anche oggi, al Convegno dei Papà separati in Lombardia, a Brugherio).
Ancora oggi ci sono tribunali che non applicano la legge sull'affido condiviso, e ogni anno l'Italia è condannata dalle istituzioni europee perché in coda all'Europa nel tempo che i padri separati possono passare coi figli: molto al di sotto dell'indispensabile per mantenere vivo il rapporto.
Senza padre, però, non si può crescere, come ha più volte ricordato anche Barack Obama, non un ostinato conservatore. Senza padre è difficile diventare poi stabili compagni, mariti, padri. Occorre dunque ripensare la vita. Per poterla trasmettere.Claudio Risé
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