Se la visita agli immigrati diventa una passerella vip

Angelina Jolie nei centri di accoglienza a Malta come (ingenua) ambasciatrice dell'Onu: "Un problema da studiare". Mentre lei riflette ne muoiono altri 800

Se la visita agli immigrati diventa una passerella vip

«Nel Mediterraneo c’è una crisi legata all’immigrazione senza precedenti». Parola di Angelina Jolie. La bella e impegnatissima attrice americana è tornata a indossare i panni della madrina di buona volontà nel ruolo di ambasciatrice Onu e l’altro ieri è atterrata a Malta per visitare il quartier generale del soccorso navale. Da Hollywood a Valletta il passo delle star può essere molto breve, specialmente se sono impegnate nel sociale. E lei certo non difetta di buon cuore. Nota alle cronache di tutto il mondo per il suo impegno per i rifugiati, era già stata fotografata e ripresa a Lampedusa nel 2011 in quella che i giornali avevano definito «una visita a sorpresa». Il suo arrivo era stato accolto da notabili e autorità locali, compreso Claudio Baglioni che sull’isola aveva fatto un concerto di beneficienza. Prima di andare via la diva più «impegnata» di Hollywood ci aveva tenuto a far sapere di essere «grata agli italiani e ai lampedusani per aver tenuto i confini aperti». Forse i lampedusasni non erano così contenti, ma poi, ripartito l’aereo con cui la Jolie era giunta sull’isola, era rimasto tutto esattamente uguale a prima. Anzi peggio. Sono passati gli anni e troppi morti e il bilancio delle vittime dei viaggi della disperazione nel Mediterraneo continua a salire.

Negli ultimi cinque giorni sono morti 800 migranti in tre barconi. Sarebbero circa 500 i dispersi del naufragio avvenuto la scorsa settimana 300 miglia al largo di Malta, molto probabilmente causato dagli stessi trafficanti che, da una seconda imbarcazione, avrebbero di proposito fatto colare a picco il barcone dei migranti, con i quali era nato un violento scontro. Ai 500 bisogna poi aggiungere quelli di un terzo incidente con vittime di fronte alla costa egiziana. Solo quest’anno più di 2.500 persone sono annegate o scomparse tentando la traversata, oltre 2.200 dall’inizio di giugno. Definirla una tragedia è troppo poco. È un’ecatombe, una strage senza fine, senza che nessun provvedimento vero e concreto sia stato preso. Restano allora solo gli appelli dei vip? Deve arrivare Angelina Jolie a ricordare all’Europa e ancora all’Occidente che è finito il tempo per chiamare questo orrore continuo e costante emergenza? «Dobbiamo capire cosa muove le persone a compiere questo passo, a salire su imbarcazioni insicure e sovraffollate rischiando la vita dei propri stessi figli: è l'insopprimibile desiderio di fuggire». E chi può darle torto? La tragedia è sotto gli occhi di tutti e oggi le parole dell’attrice suonano fuori tempo massimo e sembrano il solito ritornello vuoto. Facile scendere dall’alto con il proprio aereo privato su una tragedia, abbracciare profughi e disperati, stringere mani e dire: «Serve uno sforzo collettivo».

Le telecamere, l’attenzione puntata sul problema, la sensibilizzazione. Ingredienti indispensabili per una ricetta risolutiva. Ma questa doveva essere la prima parte. «Abbiamo bisogno di renderci conto della dimensione di questa crisi». Ma come? Non è ancora chiaro?

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