Senza "vaffa" c'è aria di '94

Ma se saranno abbastanza abili da far durare la luna di miele oltre i sei mesi, ne vedremo delle belle (o delle brutte)

Senza "vaffa" c'è aria di '94

Continua la marcia al centro dei 5 Stelle. Un centro acuto, come una punta di freccia. Un centro che non ha nulla della palude, ma semmai riprende il Zentrum cattolico che caratterizzò la ripresa tedesca nell'800, fatto di attenzione sociale e morale, e che appalesa l'etimologia greca di centro che vuol dire «aculeo».

Non esiste più il «vaffa». Anche l'apprezzamento per i pm da parte di Virginia Raggi di fronte agli arresti per i campi rom, non è invocazione di gogna, o almeno non appare tale. L'opinione pubblica, e quella dei bar, appaiono stregate dal fenomeno di queste due giovani signore, che vestono normalmente, tali e quali le ragazze che incontri sui posti di lavoro, dallo charme discreto, dalle idee efficacemente banali.

Questa nota, ovviamente, non è un tardivo endorsement verso i 5 Stelle, semmai è la denuncia di un pericolo che non abbiamo abbastanza sottolineato, come in questi giorni ha ricordato Alessandro Sallusti. L'appoggio acritico dato per i ballottaggi al movimento pentastellato, senza contropartita simmetrica, ha aiutato a creare un mostro politico apparentemente invincibile, assolutamente diverso di faccia, di barba e di profilo da quello che appariva fino a pochi mesi fa con il volto e gli occhi folli di Grillo e con lo sguardo mefistofelico di Casaleggio sr.

Si rileggano interviste e discorsi di Raggi e Appendino. Non si coglierà nelle proposte e nelle battute delle due sindache alcun atteggiamento apocalittico sui migranti o sulla criminalità. Piuttosto hanno puntato a sogni rispetto a cui il Ponte di Messina è un giochetto da bambini impegnati con il Lego. Le funivie che coprono le periferie come in Alice nel Paese delle Meraviglie, il baratto come nell'età dell'oro di Funghetto nel Boschetto, il reddito di cittadinanza come nelle profezie senili di un onirico Karl Marx che intravvedeva un futuro dove gli uomini al mattino decidessero liberamente se andare a pescare o al lavoro. E poi Luigi Di Maio che veste con la stessa attrezzatura anni '50 di un capoufficio del Catasto, con l'eloquenza rotonda e serena di un Giovanni Leone che però non fa le corna.

Ovvio: questa è apparenza effimera. La sostanza sarà misurata dalla capacità di affrontare il disastro. Ma se saranno abbastanza abili da far durare la luna di miele oltre i sei mesi, ne vedremo delle belle (o delle brutte). Non a caso ora Matteo Salvini è diventato improvvisamente vecchissimo con le sue felpe da centro sociale anni '90, mentre torna straordinariamente d'attualità lo spirito berlusconiano che punta al buono e al bello, prima che urlare contro il nemico. Il '94 azzurro fu così. Certo, paventò l'orrore dell'invasione occhettiana dei progressisti, ma soprattutto fece scendere in campo col Cavaliere, identica a lui, la «ragionevole follia» di un'Italia nuova, piena di «amore». Usò ad abundantiam questa parola, nessun livore, ma fragranza di un futuro immaginato e possibile.

Possibile che ci siamo lasciati scippare questa dimensione della politica? Persino dall'ospedale Berlusconi, con le sue parole di gratitudine ad un'Italia «dove ci si vuol bene», indica questa strada. Che dovrà essere organizzativa, ma prima di tutto dovrà toccare cervello e cuore.

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