Strage sull'autostrada, la giungla dei camionisti "Da Est rubano il lavoro"

I restroscena sull'autotrasporto dopo l'incidente in autostrada dove ha perso la vita un'intera famiglia causata dalla distrazione di un camionista

Strage sull'autostrada, la giungla dei camionisti "Da Est rubano il lavoro"

La strage di Brescia. Sei persone arse vive dentro l'auto in autostrada. Tra loro anche bambini, uno poco più di due mesi. La colpa dell'incidente? Un autista di camion distratto. Nel mondo dell'autotrasporto c'è chi sostiene che ormai si tratti di un lavoro diventato una giungla. "Gli interessi delle grandi imprese di autotrasporto e la globalizzazione stanno uccidendo le piccole e medie aziende come la mia", dice al Quotidiano Nazionale Dario Mongodi, camionista 65enne con migliaia di chilometri alle spalle e una piccola azienda con 23 camion e 20 dipendenti.

I camionisti e le regole

La legge prevede che un camionista non possa guidare più di 47 ore alla settimana e ogni 4 ore e mezza di viaggio dovrebbe fare una pausa. Almeno 45 minuti. Non sempre, però, chi conduce un gigante della strada rispetta le regole. Ci sono le consegne da fare, le penali per i ritardi, i costi che devono ridursi. "Sulle lunghe tratte, quelle internazionali, ma anche nella distribuzione al Sud Italia, capita spesso la manipolazione dei cronotachigrafi - ammette Mongodi - Taroccandoli si riesce ad arrivare all'ora stabilita e non si incappa nella penalità che comporta il non ritiro della merce. Tutti sanno che succede, ma a nessuno interessa. Oggi c'è troppo traffico, i tempi di attesa sono triplicati e al massimo si riescono a percorrere 400 chilometri al giorno, il resto è quasi sicuramente fuorilegge. Prima del Duemila le 14 ore di guida quotidiana rendevano molto di più".

I viaggi in autostrada

A rompere il vaso nel paniere sarebbe stata la cancellazione delle licenze di trasporto. La liberalizzazione, insomma. Peccato che abbia portato - dice Mongodi - alla riduzione del costo del lavoro. Tanto da costringere i camionisti a guidare di più e in peggiori condizioni pur di tornare a guadagnare. "Io la chiamo la calata degli Unni dell' Est, non solo rumeni o bulgari. Io pagai dieci licenze per dieci tir 350 milioni di lire. Poi è stato inventato il cabotaggio, che consente di impiegare lavoratori da Paesi dove la manodopera costa un terzo e farli guidare in Italia, pur pagando le tasse nei loro Paesi". La differenza, come al solito, la fa il costo del lavoro. Se un lavoratore polacco costa al lordo circa 1800 euro al mese, quello italiano può arrivare anche a 4.500 euro lordi.

Un modo per aiutare le imprese di autotrasporti ci sarebbe.

"Abbassare il costo della burocrazia - chiede Mongodi a gran voce - che incide per il 5% sul fatturato, e riconoscere la professionalità degli autotrasportatori con un tariffario dei costi minimi dell' esercizio. Solo così non saremo ricattati dalle piattaforme logistiche con contratti per pessimi". E chissà se la qualità del lavoro dei camionisti non possa anche ridurre le tragedie come quella di Brescia.

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