«Ehi Mino, amico mio, benarrivato: siediti a tavola con noi». Giusto in quel momento l'avvocato Alberto Galassi, amministratore delegato di Ferretti Group, stava dicendo che per una sera gli sarebbe piaciuto non parlare di yacht. E sì, Mino era proprio lui: Mino Raiola.
Monte Carlo, Ristorante Cipriani, l'avvocato Galassi - il padrone di casa è, tra l'altro, nel board del Manchester City. E Mino Raiola, tra l'altro, abita a Monte Carlo. Sono amici: «Due settimane fa gli abbiamo dato la paga - si diverte l'ad -. E glielo dicevo a Mino: finché gioca Rooney lo United non vince. Domenica Mourinho l'ha tolto e contro il Leicester è finita 4-1 per loro». Ovvero anche per Raiola, procuratore di Ibrahimovic e Pogba. A cena con Mino è un'esperienza divertente. Non per lui, che in questo momento è a dieta: «Per un mese solo centrifugati: l'ho già fatto un anno fa e ho perso 30 chili». Ma per chi è a tavola con lui. «È il migliore assicura Galassi -: lui fa da padre, da procuratore, da amico, da psicologo, da consigliere. Per esempio con Mario».
Mario, già: il discorso parte da Balotelli, ora a Nizza grazie a Raiola. E quanto segue è il sunto di una chiacchierata in ordine sparso, davanti (lui) a un bicchiere d'acqua.
«Mario è un fenomeno, però è Balotelli». Mino sorride e continua: «La sua fortuna è stata di essere adottato da due persone fantastiche, in una città però difficile. Diciamolo: razzista. Ha subito tanto quando era bambino, e la sua testa è sempre stata un po' così: se avesse avuto quella di Zlatan, con il suo talento avrebbe vinto già 5 Palloni d'Oro».
Zlatan Ibrahimovic, per la cronaca, per Mino il «Più Grande»: «Ha rifiutato 100 milioni, 100 milioni netti!, dai cinesi. Perché lui non vuole più soldi. Vuole vincere».
Balotelli, si diceva: «Mario è pazzerello, ma gli perdoni tutto perché è un bravo ragazzo. Un giorno mi chiede la Bentley in prestito e io: Mario, fai il bravo, fila. Segna due gol al Marsiglia e poi ne riparliamo. Ovviamente me ne dimentico. Qualche tempo dopo mi chiama mia moglie: C'è qui Mario, te lo passo. Sento il vocione: Mino, le chiavi.... E io: Le chiavi di che?. E lui: Della Bentley, ho fatto due gol, no?. Gliele ho date». Divertente. «Mica tanto: è andato allo Yacht Club e facendo retromarcia ha preso un palo. Mi ha chiamato, col vocione: Mino, scusa.... L'ho perdonato, con lui non riesco ad arrabbiarmi».
A proposito di yacht: «Ma tu ce l'hai una barca?». «Ce l'avevo, poi ho ascoltato il consiglio di un amico avvocato». Ammicca indicando con la testa. «Meglio andare su quella degli altri. Infatti prima avevo un sacco di amici, poi son spariti tutti...». Ride.
Si diceva di Mario: quanto dura adesso? «Garantisco: può ancora diventare un campione. Da un anno e mezzo ha messo finalmente il calcio al centro della sua vita, la nascita della figlia lo ha cambiato. E Pia è proprio Balotelli: simpatica e pazzerella. Poi è sempre Mario: con lui si fanno programmi alla giornata...». E ride ancora.
La vicina di tavolo sussurra: «Devo fare una foto con lui, poi la mando a un mio amico che impazzisce». Intanto con Mino si parla di libri: «Io sono per quelli di carta, viaggio molto in aereo e leggo. Inforco gli occhialini, così la gente mi vede e pensa: guarda com'è intellettuale...». Altra risata. «In Olanda poi hanno fatto dei libri in carta leggera che sono facili da portare in giro». Sì, l'Olanda, Haarlem, dov'è partito tutto con quella storia del pizzaiolo (in realtà erano i genitori italiani ad aver aperto un ristorante).
Perché Mino parla 8 lingue, anche il ceco («wow», si sente al tavolo della signora). «Insomma, c'è un libro fantastico: si chiama Pensieri lenti e veloci, ti spiega com'è fatto il cervello. Ho capito molte cose, soprattutto quando devi fare una trattativa. Funziona».
Funziona: dicono che con il passaggio di Pogba allo United Raiola abbia intascato circa 25 milioni di percentuale. Nessuno chiede conferma: per invidia, chissà mai fosse vero. «E poi c'è il mio amico laureato in neuroscienze. Mi ha raccontato del test della scimmietta: le davano una moneta per comprare degli acini d'uva. In una pila aumentavano sempre di numero gli acini e lei andava sempre lì. Poi hanno cominciato a togliere, tipo da 5 a 4, mentre nell'altra pila hanno cominciato ad aggiungere, da 1 a 2. E lei ha cambiato pila, prendendo meno solo perché pensava di avere di più. Gli umani con i soldi sono uguali: l'importante è saperlo quando tratti un affare».
Arriva Flavio Briatore, baci e abbracci. «Ci vediamo lì dopo?». Lì e dopo, immaginate voi a Monte Carlo.
Si parla di figli. «Ne ho due: uno ha quasi 18 anni, da bambino era timido, gli ho fatto fare karate. È cambiato. Le arti marziali ti danno regole ed educazione. Ed anche la boxe: io ho praticato thai boxe, fantastica. Il calcio in certe partite è un gioco noioso, diluito in 90 minuti. Nella boxe invece ti giochi tutto in 3 minuti, non puoi mai distrarti: c'è un'adrenalina pazzesca, non senti il dolore. O meglio, sì ma dopo. Tyson diceva che i suoi avversari avevano sempre un piano, che però saltava appena lui li menava. Ecco: io sul ring non sono mai salito. Ero troppo buono: ero preoccupato di fare male...». E l'altro figlio? «Ha 14 anni, un giorno mi fa: Papà, ho visto che fai guadagnare tanto i calciatori. Ecco: da grande voglio fare il calciatore anch'io. E allora io: Va bene, comincia ad allenarti in una squadra. E lui: Papà, ti ho detto da grande...». Si parla di sacrifici insomma: «Per diventare un campione prima bisogna soffrire, passare oltre la sofferenza. E come il diamante: nasce da una pressione pazzesca. Serve il fuoco dentro. E io sono stato fortunato, di campioni con me ne ho sempre avuti: Zlatan, Nedved, Maxwell e adesso Matuidi e Donnarumma. Che diventerà anche meglio di Buffon, perché chi arriva nel futuro è sempre meglio del passato. E poi c'è Mario: è ancora in tempo».
Qualcuno intanto parla ancora di barche. «Guarda la baia qui: è uno spettacolo, è piena. Mi spieghi perché in Italia non è così? Per esempio: nella mia Napoli, che sicuramente è più bella di Monte Carlo. È perché noi sappiamo fare le cose ma non sappiamo fare sistema. Il contrario dell'Olanda, dove ti costruiscono grandi dighe ma non sanno fare aziende. Noi siamo ancora quelli dei comuni, bisognerebbe rompere l'Italia, dividerci: tanto siamo tutti in Europa, no? Ognuno per sé e vediamo chi vince. E poi il Sud: io Napoli la amo ma non la voglio più vedere. Mancano le strutture, la voglia di fare: è tutto così difficile. E vogliamo parlare del calcio? Ci sono genitori che pagano gli allenatori per far giocare i propri bambini: come vuoi che vengano fuori i migliori?».
Il calcio in Italia: ne parla e si accalora. Mino Raiola ordina un caffè, con un po' di miele per addolcire: «Faccio la dieta, ma mica devo morire... Eravamo i migliori del mondo, avevamo i campioni. Intanto in Inghilterra hanno fatto gli stadi, in Germania hanno investito sui giovani, e noi? Tavecchio parla e parla. Parla di evoluzione: qui ci vuole la rivoluzione. In generale nel calcio italiano mancano le star: una volta c'era Maradona, chi c'è adesso? Chi vai a vedere allo stadio? Che è pure brutto e allora piuttosto stai a casa. Meno male che sono arrivati i cinesi, però i cinesi dell'Inter: quelli di Suning sono gente seria, vogliono investire tanto. E De Boer è un tecnico in gamba, preparato, duro: farà bene. Sui cinesi del Milan invece sono scettico. Mi chiedo: se è tutto fatto, perché non hanno ancora messo i soldi? Magari mi sbaglio, per carità, però serve gente seria nel calcio italiano, perché da noi nessuno si mette mai d'accordo per cambiare le cose. E ribadisco: ci vorrebbe una rivoluzione. Non solo nel calcio».
Finisce il caffè. Anche il miele. La vicina di tavolo ne approfitta: «Dai, facciamo la foto: il mio amico impazzirà». «Ma certo volentieri». Sorride e si mette in posa.
Mino Raiola saluta, rilassato.
In fondo il calciomercato è appena finito: «Macché, magari... Dobbiamo già pensare a quello di gennaio, che per i cinesi tra l'altro è il più importante. E vi dico una cosa: un sacco di giocatori mi hanno già chiesto di cambiare squadra».
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