Stupro di gruppo a Pimonte, il sindaco minimizza: "Una bambinata"

Il sindaco di Pimonte, ha definito "una bambinata" lo stupro di gruppo subito da una 15enne da parte di un branco di 12 minorenni del paese

Stupro di gruppo a Pimonte, il sindaco minimizza: "Una bambinata"

A un anno dallo stupro di gruppo di una 15enne da parte di un branco di 12 minorenni, il sindaco di Pimonte ha definito le violenze sessuali "una bambinata".

A quasi un anno dai gravissimi fatti, i giovani violentatori sono tornati a piede libero nel paese, mentre la giovane di cui hanno crudelmente abusato per settimane è costretta ad andarsene per non doverli incontrare per strada.

Il giornalista Roberto D'Antonio è tornato a Pimonte, dove ha intervistato il sindaco. Ai microfoni de "L’aria che tira" il primo cittadino Michele Palummo ha definito lo stupro di gruppo "una bambinata". "Sono tutti minori, dai minori che cosa ci si può aspettare? - minimizza il sindaco - è successo, è un fatto isolato, ormai è passato".

Anche in paese, commenta il giornalista nella puntata andata in onda il 3 luglio su La7, l'omertà è totale: nessuno spende una sola parola di solidarietà per la ragazza che ha subito le violenze e che ora è costretta ad andarsene per ritrovare la serenità (GUARDA IL VIDEO).

Le scuse

Aspramente criticato per le gravi parole pronunicate, Palummo, eletto appena un mese fa, si è scusato ai microfoni di Radio Capital e poi in una nota inviata a La Repubblica. "Intendo prima di ogni altra cosa porgere le mie più sentite scuse alla nostra giovane concittadina, alla sua famiglia e all’intera cittadinanza per aver utilizzato, durante l’intervista a La 7, un’espressione infelice, assolutamente impropria e che non era affatto riferita a quanto le è purtroppo capitato".

"È un’espressione che non rispecchia affatto il mio pensiero, in quanto condanno, per principio, ogni forma di violenza e di sopruso, tanto più se perpetrata contro una giovane donna. Ho condannato l’episodio quando è successo lo scorso anno e continuo a ritenerlo oggi un fatto quanto mai grave - ha concluso il sindaco - La violenza capitata che condanno senza mezzi termini, rappresenta un caso isolato, sicuramente una pagina buia della nostra storiaMa non abbiamo intenzione di arrenderci, lavoreremo instancabilmente per migliorare il tessuto sociale della nostra comunità e per evitare che episodi del genere si ripetano in futuro".

Le violenze

Nel luglio dello scorso anno, a Pimonte nel Napoletano, un branco di 12 minorenni ha violentato una ragazza di 15 anni. Era stato il fidanzatino, figlio di un boss mafioso della zona, ad attirarla nella trappola. Prima le aveva chiesto di poter riprendere un loro rapporto sessuale, poi ha usato quel video per minacciarla: se non si fosse sottomessa agli appetiti sessuali dei suoi amici avrebbe diffuso il filmato.

La ragazzina è stata violentata a turno dai membri del branco, che hanno ripreso le violenze per poterla ulteriormente minacciare. Così lo stupro di gruppo si è ripetuto ancora e ancora, finché la giovane non ha trovato il coraggio di denunciare i suoi aguzzini. Nel cellulare di alcuni membri del branco, gli inquirenti hanno trovato i filmati degli stupri di gruppo.

I minorenni, di età compresa tra i 14 e i 17 anni erano stati trasferiti in comunità di recupero, tutti tranne il più piccolo che aveva meno di 14 anni e non era imputabile. Ma a marzo il giudice del Tribunale dei Minori li ha liberati decidendo per loro la messa alla prova nello stesso comune dove sono avvenute le violenze e dove viveva ancora la 15enne: se per 18 mesi non commetteranno reati e faranno sport, studieranno e si impegneranno nel sociale, il reato di violenza sessuale di gruppo sarà estinto.

Così, a pochi mese violenze, i 12 stupratori sono di nuovo liberi di scorrazzare per il paese. La ragazza che li ha denunciati, invece, è stata ostracizzata e abbandonata dalla comunità: c'è stato anche chi si è permesso di definire la sopravvissuta agli stupri di gruppo "una che se l'era cercata". Ora è anche costretta a incontrare i suoi violentatori per le strade del paese.

La fuga in Germania

Una situazione talmente intollerabile che la 15enne si è vista costretta, ha denunciato il Garante per l'infanzia e l'adolescenza della Regione Campania, a lasciare l'Italia insieme ai genitori per tornare in Germania, dove era nata, per cercare di rifarsi una vita. "Purtroppo non si è fatto abbastanza per assicurare protezione alla giovane - ha sottolineato Cesare Romano - I continui schemi e l'esclusione sociale che la ragazza ha dovuto subire hanno aggravato il suo disagio psicologico al punto che la famiglia ha deciso di abbandonare il paese di Pimonte e ritrasferirsi in Germania dove, forse, la minore e la sua famiglia potranno riacquistare la tranquillità di cui ha bisogno".

"Oggi, quindi, chi ha avuto il coraggio di denunciare è costretto ad abbandonare la comunità dove era rientrato con entusiasmo e dopo tanti sacrifici, mentre gli autori dei fatti denunciati, che sono stati messi alla prova nello stesso comune, continueranno a scorrazzare indisturbati.

Questo il nostro modello per i nostri giovani? Questa la giustizia? Questa la protezione?" chiede il Garante, che intende "denunciare l'insensibilità istituzionale dimostrata da chi ne aveva assunto impegno, di interessare gli organi giudiziari sull'epilogo della vicenda e di voler recuperare un più attento protagonismo nell'accompagnare, almeno in questa ultima fase, la minore e la sua famiglia".

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