“A tua memoria bambina oggetto di ignobile viltà. In commemorazione di tutte le giovani vittime dell’abiezione umana”. C’è scritto questo sulla targa scoperta qualche giorno fa a Noli, nel Savonese, e dedicata alla povera Giuseppina Ghersi. Una targa che sembra aver pagato la censura dell’Anpi.
Aveva solo 13 anni, Giuseppina, quando a guerra finita è stata seviziata “finché non aveva più la forza di chiamare suo papà” e finita, dopo giorni di calvario, a pistolettate dai partigiani garibaldini. La sua storia, come dimostra una bibliografia quanto mai vasta e corale, lascia davvero poco spazio alle incertezze storiografiche. Agli appigli, alle giustificazioni. Accusata di “collaborazionismo” per aver partecipato con il suo tema ad un concorso scolastico ed essersi guadagnata una lettera d’encomio dello staff di Mussolini. Forse per questo, da sempre, il suo ricordo è un tabù.
E se persino Wikipedia, l’enciclopedia più famosa al mondo, ha sempre negato la possibilità di redigere una pagina in sua memoria, figuriamoci cosa si è sentito rispondere chi, in questi anni, si è battuto con l’amministrazione locale e le resistenze dell’Anpi per far emergere la sua storia dall’oblio. Poi arriva la “svolta”. Il sindaco di Noli, Giuseppe Niccoli, sposa la proposta del consigliere Enrico Pollero e annuncia che una targa commemorativa sarà inaugurata in piazza Fratelli Rosselli.
Un’intitolazione osteggiata fino all’ultimo dall’Anpi che, alla notizia, si è fatta megafono di folli tesi giustificazioniste. Per Samuele Rago, presidente provinciale dell’Anpi, infatti: “Giuseppina Ghersi, al di là dell’età, era una fascista. Eravamo alla fine di una guerra, è ovvio che ci fossero condizioni che oggi possono sembrare incomprensibili. Era una ragazzina, ma rappresenta quella parte là. E una iniziativa del genere ha un valore strumentale: protesteremo col Comune di Noli e con la prefettura”.
Ma, a due giorni dalla cerimonia di inaugurazione, c’è poco da esultare. Sulla stele di Giuseppina, che avrebbe dovuto rappresentare un “risarcimento morale” per quella barbarie negata, non c’è il benché minimo riferimento agli autori del suo massacro, solo una fumosa perifrasi che denuncia la “ignobile viltà” di chi l’ha commesso e ricorda, indistintamente, “tutte le giovani vittime dell’abiezione umana”. Tutte, in un grande calderone.
Solo la data della sua morte, forse, può lasciar intuire qualcosa agli osservatori più attenti. Ma quel riferimento cronologico è destinato a confondersi tra le migliaia di lapidi che, invece, condannano esplicitamente la “violenza nazifascista”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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