Una vita dedicata al lavoro. "Ne ho fatte tante", dice Giovanni (nome di fantasia), 73 anni, che vive a Taranto con una pensione di mille euro al mese. Una vita dedicata al lavoro e un finale da novella pirandelliana.
"Sono stato dipendente in alcune ditte dell'indotto Ilva e anche all’interno della stessa fabbrica. Poi, ancora, sono stato portiere di un palazzo e ho avuto un garage per la sosta delle auto." Una vita precaria, dedicata, interamente alla famiglia: "C'erano i figli da mantenere".
Oggi Giovanni, malgrado le mille occupazioni, si trova a fare i conti con una pensione che non basta più: nonostante i sacrifici di una vita vissuta per lavorare la mannaia delle tasse è calata sulla sua esistenza. Con risvolti grotteschi. A 73 anni gli arriva una lettera dell'Inps, l'Istituto Nazionale Previdenza Sociale. "In conseguenza - si legge - della presenza di precedenti procedure per un importo totale presunto comprensivo di spese ed interessi di 432.639,50 euro che hanno come data di presunta cessazione giugno 2446".
Già, avete letto bene: Giovanni dovrà restituire migliaia di euro allo Stato, fino al 2446. Peggior augurio di una vita lunga, con amara ironia, non poteva esserci. "Il giudice mi ha condannato – racconta l’uomo - a pagare fino a quella data perché la somma è divisa in rate da 65 euro al mese".
Contemporaneamente l'Agenzia delle entrate ha inviato a Giovanni una lettera con la richiesta del pagamento di altri 294.385,94 euro, invitandolo: “Ad effettuare il pagamento entro 5 giorni dalla notifica di questo avviso. Trascorso inutilmente questo termine procederemo, come previsto dalla legge, a esecuzione forzata". Ma come può, Giovanni, con lavori saltuari alle spalle e una pensione da mille euro, pagarne quasi 300mila in cinque giorni o, ancora, pagare fino al 2446?
Una storia pirandelliana, dicevamo. Anzi kafkiana: "I funzionari mi rispondono che loro si attengono alla legge, che fanno il loro dovere". Risponde questo Giovanni, quando gli chiediamo se avesse fatto presente l'assurdità delle lettere speditegli dagli uffici. Intanto ha già chiesto ai figli di rinunciare all'eredità: "Che poi, quale eredità? Non ho nulla".
Dal notaio o dal giudice, per non protrarre oltre le loro vite un debito più grande di loro. E senza nemmeno più il Totocalcio per provare a cambiar rotta come fanno Totò e Aldo Fabrizi nel film capolavoro di Steno: “I tartassati”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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