Il tecnico italiano ex ostaggio dell'Isis: "Vogliono solo il petrolio"

Gianluca Salviato, rimasto prigioniero di un gruppo estremista islamico: "Non c’è nulla di religioso, nulla di politico, ma solo la caccia all’oro"

Il tecnico italiano ex ostaggio dell'Isis: "Vogliono solo il petrolio"

Nell’Isis "non c’è nulla di religioso, nulla di politico, ma solo la caccia all’oro", che in Libia, come nel resto del Medio oriente, "si chiama petrolio". A dirlo è Gianluca Salviato, il tecnico italiano rimasto otto mesi prigioniero di un gruppo estremista islamico. Rilasciato nel novembre scorso, Salviato racconta la sua storia: "Sono andato in Libia nel 2013 quando dopo la rivoluzione si pensava alle elezioni, ad una nuova costituzione, alla rifondazione della polizia e dell’esercito con l’euforia del post Gheddafi. C’erano armi ovunque, le si potevano comprare al suk esattamente come si poteva fare per il pane o per le stoffe, specie dopo che erano state prese d’assalto e razziate le caserme. Ma d’altra parte girare armati con una pistola piuttosto che con un kalashnikov, o acquistare un lancia razzi Rpg, lì è più che normale".

Poi Salviato analizza: "Giorno dopo giorno hanno preso il sopravvento le guerre intestine tra le varie tribù, uno scontro che ha lasciato sguarniti i confini. Da lì armi su armi sono entrate nel Paese, magari nascoste sotto il grano, per uso e consumo di chi progressivamente ha assunto il controllo del petrolio: me lo aspettavo. È chiaro che non sono un esperto di geopolitica ma quello che sta facendo l’Isis, che ho avuto modo di "studiare" informandomi quotidianamente e sulla base della mia esperienza diretta, non è né una guerra religiosa né conquista territoriale: è solo la caccia all’oro che nello specifico si chiama petrolio.

L’Isis o chi per loro ha approfittato dell’allentamento del controllo ai confini, non ci sono autorità. Sono penetrati in Libia e le loro mete sono Misurata e Sirte, perché sono le due città petrolifere del Paese. Il resto, per loro, è nulla".

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