Marconi, il colabrodo. Lo chiamano così l’aeroporto di Bologna. L’ultima gag a maggio: un ragazzo innamorato ha superato tutti i varchi, check in compreso, senza biglietto, è andato in pista arrivando sotto un aereo in partenza, e ha consegnato un mazzo di fiori alla sua innamorata che si stava imbarcando. Non lo hanno neanche denunciato per timore di sputtanamenti globali. Pensate un po’ se invece di fare il gentile cadeau alla fidanzata avesse omaggiato di proiettili Ak 47 i passeggeri o se si fosse fatto saltare in aria. Se si fosse trattato di terrorismo?
L'aeroporto Marconi di Bologna
C’è poco da scherzare, la faccenda è molto seria perché in ballo c’è la sicurezza dei cittadini in transito e in partenza da un aeroporto già recentemente assurto alle cronache per essere diventato una specie di temporary parking di caccia militari sauditi diretti verso svariate destinazioni, in barba alle disposizioni europee che includono l’Arabia Saudita tra gli Stati canaglia. Chercher l’argent? Chissà. Certo, potrebbe essere una chiave di lettura per la situazione in cui si trova l’importante scalo bolognese: mentre si fanno le campagne elettorali invocando la tolleranza zero, la società per azioni, partecipata dal Comune e quotata in Borsa, che gestisce la sicurezza, ha scelto la via del controllo zero.
Le falle nella sicurezza: il rischio terrorismo
La facilità con cui si possa entrare, almeno in dieci punti, scavalcando o passando sotto la farlocca rete di protezione, è disarmante (guarda il video). In due, in pieno giorno, con telecamera, macchina parcheggiata nei pressi, si può fare un laborioso e articolato giro turistico, arrampicarsi su un albero, arrivare alla pista, mettersi in posa senza il timore di essere fermati, controllati, redarguiti, mandati via a calci nel sedere. No, nulla. Nessun ostacolo lungo il perimetro: ne internamente, ne esternamente. Di notte, poi, ancora peggio: un solo punto illuminato e soltanto una telecamera di sorveglianza. I terroristi possono entrare, arrivare vicino a un aereo, salire a bordo travestiti da personale, piazzare un ordigno in bagno (una delle ipotesi per la tragedia di Ustica avvenuta a bordo di un velivolo partito proprio da Bologna), oppure sparare da distante con un bazooka a un aereo fermo, in decollo o in atterraggio, o, ancora, aprire il fuoco come fecero i palestinesi nei due attentati a Fiumicino (1973 e1985) uccidendo 47 persone, E poi scappare, raggiungere velocemente la strada. E, con le auto, dileguarsi lungo le autostrade per Roma o per Milano i cui imbocchi sono a poche centinaia di metri.
L'allerta terrorismo a livello 2
Con buona pace delle dichiarazioni del Ministro degli Interni Angelino Alfano che il 22 marzo, dopo gli attacchi all’aeroporto di Bruxelles costati la vita a 13 persone, aveva assicurato di aver alzato al livello due i controlli nei porti, alle stazioni ferroviarie e negli aeroporti. Il punto è questo: a Bologna la sicurezza sembra pari a zero (altro che livello due) per la solita pastoia furbetta-burocratica- politicante. L’articolo 133/144 del Tups (Testo unico di pubblica sicurezza), approvato lo scorso due febbraio, prevede che i perimetri, i beni mobili e quelli immobili, siano controllati dalle guardie giurate. La società aeroportuale bolognese di cui sopra ha indetto un appalto in conformità con quanto previsto dal Tups (e già incluso nel comma 1 dell’articolo 3 de Decreto ministeriale 85 del 1999).
Un istituto di vigilanza privata ha vinto, per la terza volta, questo appalto, ma il servizio non viene svolto e neanche richiesto. Una domanda: se i controlli del perimetro non vengono effettuati, i soldi stanziati per pagare le guardie giurate preposte sono spesi in altro modo o non sono stati incassati?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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