Inizia la lotta tra ricercatori e oncologi. Nelle scorse settimane si era parlato molto della scoperta di un "nuovo" test per scoprire il tumore, una tecnica sviluppata dalla icercatrice italo-francese, Patrizia Paterlini-Bréchot, che in quei giorni aveva pubblicato il suo ultimo libro: "Uccidere il cancro".
Bene, dopo l'uscita nelle librerie del libro, la notizia del test "Iset" (Isolation by tumor size") si è diffusa non poco, mettendo il grande pubblico a conoscenza dell'esistenza di un test che permette di sapere in anticipo se una persona avrà o meno il tumore. Ora, però, a intervenire in merito per ridurre la portata della scopera è Paolo Comoglio, decano dell’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo. Che alla Stampa ha dichiarato: "Un test con queste mirabolanti proprietà non esiste e sono davvero sconcertato che molti abbiano confuso una tecnica tra le tante in corso di sperimentazione, abbastanza vecchie e deludenti, con una novità capace di implementare in modo significativo la soluzione dei numerosi problemi diagnostici legati al cancro".
Insomma, nessuna rivoluzione. Sarebbe ancora impossibile prevedere lo svuluppo del cancro attraverso una semplice analisi del sangue come propone il test Iset della Patrizia Paterlini-Bréchot. Però molti italiani cio hanno creduto e hanno chiesto al Sistema Sanitario Nazionale di rimborsare la spesa (488 euro) per questo test che però alcuni oncologi definiscono "inutile".
Il fatto è che il dottor Camoglio nei suoi laboratori propone un metodo alternativo per la diagnostica tumorale, ovvero la "biopsia liquida". Difficile dire se sia una sfida tra punti di vista differente. "Il test di Paterlini - attacca l’oncologo - è frutto di un lavoro pubblicato, tra quelli di altri, ben 17 anni fa e ha avuto un riscontro modesto nella comunità scientifica internazionale". Critiche dure: "Individuare le cellule tumorali circolanti in base alle dimensioni è stato tentato con molte tecniche - spiega Comoglio - ma questo approccio non funziona. Le cellule che diffondono la malattia sono le cellule staminali del cancro, molto piccole e non distinguibili da cellule normali del sangue. Ecco perché altre tecniche più sofisticate utilizzano anticorpi monoclonali che riconoscono marcatori specifici".
Secondo l'oncologo, anche se il test Iset funzionasse, alla fine bisognerebbe comunque far ricorso ai metodi classici per capire se il tumore si è davvero sviluppato oppure no. Tanto che il genetista Giuseppe Novelli dell’Università Tor Vergata di Roma lo definisce a malapena un "test di screening", non diagnostico, peraltro nemmeno troppo innovativo. Visto che, a detta del genetista, ve ne sarebbero altri più potenti e capaci di lavorare sul Dna mutato delle cellule che circolano nel sangue.
A Tor Vergata, per dirne uno, stanno lavorano su un nuovo test che potrebbe fare una analisi del rischio individuale a sviluppare tumori in modo da poter intervenire con terapie "modulate
sulle caratteristiche genetiche del tumore". Ma di certo è molto lontano da un esame che possa rivelare in anticipo se una persona svilupperà o meno un tumore. Che secondo alcuni onclologi si tratta solo di fantascenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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