Tratta dall'Africa alla Sicilia: sgominati i trafficanti di morte

Una cellula africana organizza le traversate, quella "italiana" la fuga dai centri d'accoglienza e la permanenza nel Paese. E spuntano i contatti col Cara di Mineo

Tratta dall'Africa alla Sicilia: sgominati i trafficanti di morte

"Inshallah!", "Così sia per Allah!". Senza alcuno scrupolo e con freddezza il trafficante etiope Ghermay Ermias commentava al telefono il drammatico esito dello sbarco del 3 ottobre 2013, quando 366 immigrati persero la vita prima di riuscire a mettersi in salvo raggiungendo le coste dell’Isola. Parole che appaiono ancora più dure e disumane alla luce dell'ecatombe di ieri. Oggi la sua organizzazione criminale, che pianificava il traffico di essere umani tra l’Africa e l’Europa, è stata sgominata oggi con la maxi operazione della Polizia di Stato coordinata dalla Dda di Palermo.

La polizia di Stato ha fermato i componenti di un’organizzazione criminale transnazionale accusati d’associazione a delinquere e favoreggiamento di immigrazione e permanenza clandestina: eritrei, etiopi, ivoriani e ghanesi avrebbero favorito con enormi guadagni l’immigrazione illegale di migliaia di connazionali. Tra le persone coinvolte anche Ermias Ghermay e Medhane Yehdego Redae, ritenuti tra i più importanti trafficanti di immigrati che operano sulla cosiddetta "rotta libica" e gestiscono la rotta terrestre, in alcune occasioni "comprando" da altre bande criminali gruppi di africani tenuti sotto sequestro e diretti in Italia. I due curerebbero anche la fase della permanenza sulle coste libiche degli extracomunitari in partenza per la Siclia tenendoli prigionieri sotto la vigilanza di guardie armate fino all’ imbarco.

Ghermay, che vive e opera a Tripoli e Zuwarah, è latitante dal luglio del 2014, quando nei suoi confronti su emesso un provvedimento cautelare, esteso anche in campo internazionale, dopo il naufragio avvenuto il 3 ottobre 2013 davanti alle coste di Lampedusa, in cui persero la vita almeno 366 immigrati. Del tragico viaggio l'etiope è ritenuto organizzatore e responsabile. Dalle intercettazioni di una operazione precedente era emerso che una carretta del mare stipata di disperati poteva fruttare all'organizzazione criminale anche un milione di euro. Ogni clandestino pagava (e paga) una cifra tra i 3.000 e i 3.600 dollari per attraversare il Mediterraneo. Anche nel corso dell’indagine "Glauco II" sono emerse transazioni di denaro, prevalentemente movimentato tramite canali illegali, per centinaia di migliaia di euro.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Maurizio Scalia, ha portato a scoprire anche una cellula della stessa organizzazione criminale, complementare a quella che agisce in Africa, composta da eritrei che vivono nelle province di Palermo, Agrigento, Catania e Milano. Questa parte dell'organizzazione, in cambio di altro denaro rispetto a quello già pagato per la traversata, gestisce le fughe degli immigrati dai centri di accoglienza (una base della rete è stata scoperta nel Cara di Mineo), dà loro il supporto logistico per restare clandestinamente in Italia e ne agevola il successivo espatrio (sempre illegalmente) verso altri Paesi dell’Ue come Norvegia, Germania e Svezia. All'interno di questa cellula è di primissimo piano il ruolo di Asghedom Ghermay, detto "Amice", che opera a Catania e mantiene i contatti con i trafficanti africani.

L’eritreo, che può contare su una rete di complici che operano nel Cara di Mineo, mette in contatto i clandestini arrivati in Sicilia con parenti che vivono nel nord Europa, recupera i soldi per consentire loro di raggiungere i familiari e organizza eventuali soggiorni intermedi. Il tutto in cambio di cifre che vanno dai 250 ai 1.000 euro a persona.

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