Una preghiera comunitaria a pochi passi da piazza San Pietro, quindi dal Vaticano: è questa l'iniziativa che un "gruppo di cattolici, laici e consacrati" ha organizzato per il prossimo 5 di ottobre. L'appuntamento è alle ore 14.30 in Largo Giovanni XXIII. Lo scopo? Porre fine alle "sofferenze" della Chiesa cattolica. Anche a quelle che, secondo il parere degli organizzatori, derivano dagli stessi ambienti ecclesiastici.
Si cerca una salvezza per la Ecclesia. Quella escatologica per un cattolico è certa: la barca di Pietro non può affondare. Utilizzando un'espressione di Benedetto XVI, la Chiesa può però essere "riempita fino quasi a capovolgersi". C'è più di qualcuno che pensa che quella frase del papa emerito abbia colto nel segno. Comunque sia, viene fuori una sorta di inedito: non una protesta contro qualcuno, ma un appello che parte dal basso. Con il rosario a indicare la strada migliore per il futuro. Ma un malessere c'è. Altrimenti "Preghiamo insieme per la Chiesa" - questa è la titolazione dell'evento - avrebbe meno senso di esistere. Gli organizzatori hanno elencato alcuni punti, come è apprendibile su questa pagina Facebook. Sono tutte questioni di cui si discute da tempo. Quelle attorno alle quali ruota un partecipato dibattito teologico-dottrinale.
Intanto una prima necessità: il venir meno degli "scandali", tanto quelli "sessuali" quanto quelli "economici". "Gli ecclesiastici coinvolti in detti scandali - si legge sul manifesto ricapitolativo - non siano promossi a posizioni di comando ma al contrario rimossi ed invitati al pentimento". E questa è una rimostranza che può avere a che fare con alcune scelte operate. Poi la parte più dottrinale, quella secondo cui non è possibile intaccare le verità di fede. Il documento introduttivo del Sinodo panamazzonico non viene chiamato in causa ma, per via delle voci sulla possibile estensione del celibato ai laici per quella zona di mondo e per via di quelle sulla istituzione di un "diaconato femminile", l'Instrumentum Laboris e la dialettica che sta precedendo l'appuntamento sinodale possono aver influito nella presenza di questa argomentazione. Così come può aver giocato un ruolo la concessione del sacramento della comunione ai divorziati risposati che, come segnalato da dubia di quattro cardinali, può dipendere dalla applicazione della esortazione apostolica Amoris Laetitia. E ancora la parte sui commissariamenti, che hanno interessato alcune famiglie religiose ascrivibili, con più di qualche margine di errore, al "fronte tradizionalista".
Poi il passaggio più politico, nel senso alto del termine: viene domandato di non prendere più in considerazione Martin Lutero ed Emma Bonino a mo' di "esempi" positivi. Nel primo caso per lo scisma procurato e per l'ideologia promossa nel secondo. E ancora una domanda tesa a far sì che la Chiesa si occupi meno delle questioni pragmatiche, quelle terrene, e più di quelle spirituali. Un punto, questo, declinato pure mediante la più tipica delle formulazioni: a "Cesare ciò che è di Cesare", scrivono. Il sesto e il settimo punto sono, considerate le cronache di questi giorni, quelli più attuali: il mondo ecclesiastico - fanno notare coloro che si recheranno in preghiera dinanzi San Pietro tra qualche giorno - non dovrebbe cedere sulla bioetica, per esempio sulla eutanasia tantomeno sulla cosiddetta ideologia gender. Sempre lo stesso universo è chiamato a non scambiare la custodia del Creato con la divinizzazione dell'ambiente in salsa ecologista. Greta Thunberg, in sintesi, non può fare da riferimento catechetico. Ma non è finita.
Viene anche chiesto di porsi in ascolto rispetto al "grido" proveniente dalla Chiesa africana, che vorrebbe una gestione dei fenomeni migratori diversa e meno incline ad assecondare quello che Stephen Hawking ha chiamato "Nirvana di Instagram", ossia una sorta di illusoria promessa di felicità. L'Occidente, insomma, non è in grado di garantire un avvenire a milioni di migranti. Alcuni episcopati africani usano ripeterlo ai giovani delle loro nazioni. Sono i vescovi che temono che l'Africa venga privata della sua forza-lavoro, quindi di qualunque prospettiva. Un discorso simile, seppur riferito al concetto politologico e filosofico di "patria", viene fatto in funzione di quanto sostenuto dagli episcopati dell'Est Europa, in specie da quelli che operano nelle nazioni del gruppo di Visegràd. "Patria" è tutto fuorché una parola pericolosa, fanno comprendere.
Gli ultimi due appelli, infine, sono collegabili: uno riguarda l'"accordo provvisorio" stipulato tra Vaticano e Repubblica popolare cinese; l'altro il destino e le condizioni dei cristiani perseguitati.
Emergono sia una contrarietà rispetto al presunto "sacrificio" cui sarebbero stati sottoposti coloro che in Cina professano la religione cattolica sia l'urgenza, desumente pure dalle storie esistenziali dei tanti cristiani sottoposti a un'oppressione sistematica, che Allah e Gesù Cristo non vengano più equiparati da un punto di vista gerarchico.
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