Nuovi, inquietanti inidizi sembrano emergere dalle indagini sulla morte di Yara Gambirasio, la ragazzina di Brembate ammazzata il 26 novembre del 2010. L’arma del delitto sarebbe verosimilmente compatibile con un coltello da sub. "Yara è stata uccisa una lama particolare, con uno spessore significativo, e non un cutter", ha rivelato a Quarto Grado Claudio Salvagni, il difensore di Massimo Bossetti, in carcere dallo scorso 16 giugno per l’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra.
"Bossetti deve essere scarcerato". È questa la richiesta che Salvagni non smette di ripetere e che ieri ha rinnovato presentando un’istanza ai giudici del Riesame di Brescia. Un nuovo passaggio, dopo il primo rifiuto dei giudici bresciani e dopo il doppio no del gip di Bergamo Vincenza Maccora, in attesa dell’udienza in programma in Cassazione il prossimo 25 febbraio. Il legale ha condensato, in 48 pagine, tutti i dubbi di un’inchiesta che il pm Letizia Ruggeri si appresta a chiudere e che dal giorno della scomparsa della 13enne (il 26 novembre 2010) al fermo di Bossetti riempie più di 40 faldoni. Una mole di tabulati telefonici, risultati di profili genetici, testimonianze e perizie che riempiono migliaia di pagine, un castello di carte che la difesa si dice pronta a spazzare via.
A portare dietro le sbarre Bossetti sono sostanzialmente quattro elementi: la polvere di calce trovata nei polmoni di Yara, l’analisi delle celle telefoniche, la testimonianza del fratello minore e il dna. Il primo elemento non può essere considerato univoco della presenza del 44enne muratore, il secondo mostra che il giorno della scomparsa il cellulare di Yara aggancia oltre un’ora prima la stessa cella di Bossetti, la descrizione fornita da Natan non corrisponde a quella del presunto killer, sentenziano i giudici del Riesame che riducono sostanzialmente alla traccia biologica l’indizio che costringe in carcere l’indagato. Poi, la "prova regina" è il dna: la traccia mista (Yara - "Ignoto 1") trovata sugli slip e i leggings della vittima. Il dna nucleare di Bossetti corrisponde con quello di "Ignoto 1", ma non al dna mitocondriale. Alla luce dei dubbi scientifici contenuti nella recente consulenza del perito della procura Carlo Previderè, l’avvocato si è rivolto nuovamente al Riesame dopo il secondo no del giudice Maccora. Per il legale, il gip di Bergamo non risponde "al manifestato, acclarato e determinante dubbio circa l’assenza del Dna mitocondriale di Ignoto 1 su tutte le tracce biologiche analizzate", e non fa emergere quello che appare "un disperato tentativo di conferire valore granitico alle risultanze dell’analisi genetica".
L’ordinanza impugnata non spiegherebbe, dunque, "la sussistenza di una legge scientifica che permetta di ritenere legittima l’identificazione di un soggetto attraverso il dna nucleare nonostante una situazione contestuale insolita relativamente al dna mitocondriale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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