Cucina di magro: da penitenza ad arte della gastronomia ligure

Cucina di magro: da  penitenza ad arte della gastronomia ligure

Penitenza: qual orribile sostantivo! Vengono in mente cilici e flagellazioni medievali, mortificazioni, digiuni estremi, veglie, vestiti di sacco e cenere sul capo. Per carità, tutte vie per arrivare in Paradiso, ma non del tutto usuali nel nostro secolo. Viene in mente il monaco albino (sic!) dell'Opus Dei, che non ha monaci ma solo sacerdoti secolari e laici, del Codice da Vinci. Però, con un po' di sforzo mnemonico o un po' di ricerca storica, potremmo scoprire che Santa Madre Chiesa proponeva ai suoi figli delle forme di penitenza, indispensabile secondo N.S., come detto, per esempio, nel Vangelo di San Matteo (Mt IV,17: «Da lì in poi cominciò Gesù a predicare e a dire: Fate penitenza, poiché il regno dei cieli è vicino»), decisamente fattibili.
Tra le altre opportunità era proposta nei venerdì, in tempo di Quaresima, nelle vigilie e nelle cd. «Quattro Tempora», che santificavano l'inizio di ogni stagione, oltre a certi giorni di digiuno, l'astinenza dalle carni e dai loro derivati, un tempo addirittura dal pesce e dalle uova. Una dieta macrobiotica in piena regola. Nel Medioevo tanto vituperato, quando la donna era tenuta in alta considerazione, basti ricordare la Madonna in San Bernardo e nella Divina Commedia, la Beatrice, la stessa Francesca da Rimini ed i canti dei menestrelli tedeschi (Minnesänger) e quando le vesti erano di colori sgargianti, rispetto al marroncino diffuso nel Rinascimento, un uomo medio consumava un maiale al mese. D'accordo che erano del tipo cinta senese (80-90 kg) e non i large white da 250 e passa chili, però era sempre tanta roba, mandava l'acido urico alle stelle e provocava la gotta. Ragion per cui, oltre allo spirito di penitenza, anche la saggezza invitava ad inserire una pausa in tali e tanti consumi alimentari.
Come fare però a dare alle pietanze un minimo di gustosità? Ché se non si apprezza il cibo, basti pensare a quando si è raffreddati, non vien nemmeno voglia di mangiarlo. Una soluzione la diede il Padre P.S. delle Piane dei Padri Minimi col suo libro «Cucina di strettissimo magro» edito nel 1931, ma già composto alla fine dell'800, da «Editori Marchese & Campora» di Genova Certosa e riproposto, con una ristampa nel 2005, da Feguagiskia Studios Editori (via Crosa di Vergani 3, Genova).
Una meraviglia di simpatia e gustosità, specie la «Magrissima prefazione», dove si ricorda che coloro che seguivano questo regime alimentare, camparono bene e a lungo. Le ricette sono tutte invitanti, vista anche l'antica tradizione ligure di preparare piatti gustosi con i semplici prodotti della terra.
L'appassionato di cucina ha l'occasione, nel prossimo tempo di Quaresima, di sfidare la cultura imperante, di accordare fede (anche se non ce l'ha) e ragione, di stupire i propri amici e di fare del bene al suo fisico. Per un attimo di pausa ci sono sempre le domeniche in cui è proibito digiunare!
Scriveva Papa Benedetto XIV («Nos ambigimus» del 30 maggio 1741) che: «L'osservanza della Quaresima è il legame della nostra milizia: è per essa che ci distinguiamo dai nemici della Croce di Cristo. Protetti dall'aiuto celeste durante il giorno, ci fortifichiamo contro i príncipi delle tenebre.

Se quest'osservanza si rilasserà, sarà a detrimento della Gloria di Dio, per il disonore della religione cattolica e delle anime cristiane e non c'è dubbio che questa negligenza diventerà la fonte di sventure per i popoli, di disastri nei pubblici affari, di infortuni per gli individui».
Che i musulmani siano più forti e determinati di noi per questo?

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