Ha fatto anche l'attore. Ma sempre in quel suo modo schivo, appartato. Lo ricorderete sicuramente Carlo Mazzacurati, morto ieri sera all'ospedale di Monselice dopo una lunga malattia, in una delle sequenze più ironiche e divertenti di Caro diario, quando Nanni Moretti se la prende con chi aveva scritto bene del film splatter Henry, pioggia di sangue. È lui a interpretare il critico cinematografico che soffre e si dimena disteso su di un letto mentre il regista romano gli rilegge ad alta voce, senza pietà, la recensione incriminata. Ed è stato proprio con Nanni Moretti, all'epoca neo fondatore con Angelo Barbagallo della produzione Sacher Film, che Mazzacurati ha esordito al cinema con Notte italiana (1987) scritto insieme a Franco Bernini.
Nato a Padova nel 1956 dove ha mosso i primi passi come organizzatore di cineclub con un gruppo di amici con cui si è poi sempre accompagnato (il regista Enzo Monteleone, lo sceneggiatore de La grande bellezza Umberto Contarello, l'attore Roberto Citran), cerca di entrare al romano Centro sperimentale di cinematografia ma viene respinto per tre volte. Decide quindi di studiare al Dams di Bologna dove gira, con gli otto milioni di lire di un'eredità, il film amatoriale in 16mm Vagabondi (1979) prima di trasferirsi a Roma, città che non ha mai sentito come propria e dalla quale si è poi allontanato. Mazzacurati mostra proprio con le atmosfere rarefatte del Delta padano del primo film la sua personale cifra stilistica, di un autore che riesce a cogliere l'aria del suo tempo rimanendo però sempre un po' defilato nel panorama cinematografico. Il secondo film, Il prete bello (1989), prodotto da Valerio De Paolis che aveva acquistato i diritti del romanzo di Goffredo Parise, nonostante l'efficace interpretazione di Citran non riscuote il consenso sperato. Nel frattempo il regista padovano prende parte a due importanti sceneggiature come quella di Domani accadrà diretta poi da Daniele Luchetti e quella di Marrakech Express con Contarello e Monteleone portata al cinema da Gabriele Salvatores. Nel 1992 con Un'altra vita, storia di una giovane russa immigrata a Roma nel momento del disfacimento del comunismo, Mazzacurati firma l'opera più intensa e convincente che tanto ha dato anche alle carriere dei due attori protagonisti, Claudio Amendola nel ruolo di un malavitoso e Silvio Orlando in quello di un indifeso dentista. L'attrazione per il mondo dell'Est continua con Il toro, racconto di due operai in cassaintegrazione (Citran e Diego Abatantuono) che rubano, appunto, un toro per cercare di rivenderlo in Ungheria. Il film è premiato a Venezia con il Leone d'argento e la Coppa Volpi a Citran. Con Vesna va veloce del 1996 Mazzacurati porta al cinema l'immensa maschera di Antonio Albanese che, come anni prima Silvio Orlando, s'innamora di una misteriosa ragazza dell'Est che si prostituisce in Italia. Poco conosciuto ma non meno importante il successivo L'estate di Davide, storia di un apprendistato sentimentale ambientato nel Polesine. Con La lingua del santo si confronta finalmente e direttamente con i codici della commedia all'italiana che, a un'analisi approfondita, percorrono tutta la sua filmografia, mostrando un Fabrizio Bentivoglio diverso dal suo cliché borghese, proprio come nel successivo A cavallo della tigre. Nel 2007 con La giusta distanza, ancora con Bentivoglio in una piccola parte e con Valentina Lodovini e Giuseppe Battiston, torna a raccontare i luoghi del suo film d'esordio alla foce del Po dove tutto paradossalmente nasce. Segue tre anni dopo La passione con l'amato Silvio Orlando mentre nel 2012 il regista, memore dei suoi studi, accetta di diventare presidente della Fondazione Cineteca di Bologna. Che ora lo piange con parole piene d'affetto: «Ha avuto la capacità di raccontare storie apparentemente marginali, ma dal carattere universale, capaci di ritrarre momenti centrali della nostra storia recente e della nostra società.
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