Lui non fa neppure una piega. Mancano pochi minuti al suo debutto sul palco dello stadio Olimpico di Torino, là fuori ci sono 35mila persone che lo attendono e Tiziano Ferro è tranquillo, soave, sembra un giorno qualsiasi. In realtà inizia la sua sfida (per ora) più grande: uno show kolossal negli stadi. Per far capire a chi lo seguirà fino all'ultima data (al Bentegodi di Verona l'8 luglio, sarà a San Siro il 4), il palco raccoglie 19 megaschermi per 850 metri quadrati complessivi, e i diciassette centrali trasmettono coreografie digitali a risoluzione altissima, quasi ti sembra di esserci dentro. E c'è un effetto speciale particolare, il laser mapping, che consente a Tiziano Ferro di disegnare effetti con il semplice movimento del corpo. In più lui vola. E non per modo di dire. All'inizio del concerto ( Perdono ) lui spunta al centro del palco, vola in alto fino a venti metri e poi ritorna subito giù per la prima strofa. Effetto boom. Uno sforzo creativo importante e raro, soprattutto visto che poi alla fine, poco prima della trentesima canzone allo scoccare delle due ore e mezza di show, durante Non me lo so spiegare , una passerella si allunga per quindici metri e lui cammina tre metri sopra la testa del pubblico. Un'ovazione. Ma lui, poco prima che le luci si accendano sul palco, non fa una piega. E dire che, come spiega, «non penso ad altro da un anno esatto». Già.
Però, caro Tiziano Ferro, lei inizia in smoking, quasi fosse un galà.
«Sì ci sono gli effetti speciali ma comunque la musica è al centro di tutto. Dovreste sentire come suona la band. D'ora innanzi mi sarà difficile suonare con altri musicisti. Loro mi hanno sfidato e io nelle prove ho dato il meglio. Perciò a questi straordinari virtuosi dedico il finale del concerto».
Nel 2009 aveva già cantato in uno stadio, l'Olimpico di Roma.
«Ma quello fu un atto di incoscienza e l'ho vissuto quasi in modo adolescenziale. Se devo dirla tutta, ne sono uscito emotivamente provato, mi sentivo male in cuffia, ho detto non lo farò mai più. Nei palazzetti avevo ormai imparato a parlare con il pubblico. Negli stadi no. Ne avevo paura».
Poi?
«Ho iniziato a osservare chi era abituato a cantare negli stadi e ho capito che era molto più semplice: non dovevo fare chissà che cosa, dovevo essere semplicemente me stesso. E ora mi sento più sicuro».
Però sembra tutto molto calcolato. Ad esempio il singolo che passa in radio in queste settimane si intitola Lo stadio , sembra quasi un endorsement.
«In realtà quel brano è nato anni fa quando Lorenzo Jovanotti è venuto ad ascoltare un mio concerto a Firenze e poi mi ha detto che nella sua imminente raccolta ( Back up - ndr), gli sarebbe piaciuto avere un mio pezzo. Sono stato settimane a pensarci senza dormire la notte. Poi mi sono calato nei suoi panni, e nei panni di chiunque suoni in uno stadio, e ho scritto Lo stadio . Il progetto non è andato in porto, il brano non è piaciuto e io l'ho tenuto per me».
Adesso negli stadi ci suona lei. Anzi, ci vola.
«E per imparare a farlo sono andato per due mesi in Belgio. Una volta, all'inizio delle prove, sono persino caduto di testa e avrei potuto farmi molto male. Invece sono qui... Non abbiamo lasciato nulla al caso, tutto studiato e tutto sofferto fino nel minimo dettaglio».
Dopotutto questo è un concerto molto impegnativo.
«Mai cantato per due ore e mezzo consecutive dal vivo. Ho sette cambi d'abito da effettuare al massimo in quaranta secondi, tutto è studiato al millesimo di secondo».
Quindi niente ospiti durante questo tour?
«E come potrei? Questo è Tiziano Ferro al cento per cento. Do tutto me stesso. E ho studiato, anzi sto studiando».
E come?
«Vado su YouTube, cerco i tutorial, inizio a fare vocalizzi, faccio le scale, insomma mi preparo anche per ciò che per me è fondamentale: la resa della mia voce davanti a un pubblico così bello, così importante».
Però tutto questo sforzo “solo” per otto concerti?
«In realtà stanno vendendo biglietti anche all'estero, da Ginevra a Bruxelles a Monaco. E poi mi piacerebbe tornare in Italia, in autunno, nei palasport».
Con lo stesso show?
«No. Ho la presunzione di dire: questi stadi sono un evento unico. Chi c'è, c'è. E chi non c'è, non c'è. Nei palasport ci sarà un altro Tiziano Ferro».
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