il commento 2

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di«A meno di miracoli, chiudiamo entro l'anno». Nicola Crocetti è solo a presiedere la sua casa editrice. Come l'ultimo giapponese nell'isola del Pacifico, ostinatamente a combattere nonostante la guerra sia terminata da anni. Come l'ultimo dei Mohicani dell'editoria italiana. Come l'ultimo boy scout (intendo Bruce Willis, mica Baden-Powell). Nicola Crocetti è l'editore dei poeti, la sua casa editrice è la Gerusalemme celeste della poesia italiana. Nato a Patrasso da mamma greca, una vita a Milano, nel 1981 fonda la Crocetti Editore. Il primo libro stampato è Erotica , di Ghiannis Ritsos, poeta tra i più grandi del Novecento, di cui Crocetti custodisce l'opera: l'anno scorso manda in libreria, lussureggiante, Quarta dimensione , tomo assoluto, nello stretto collare dei libri inevitabili, insieme ai Quattro quartetti di Eliot, alle Elegie duinesi di Rilke, a Anabasi di Saint-John Perse. Poi escono Giovanni Raboni ( Canzonette mortali ) e Antonio Porta ( Melusina ), Alda Merini ( Testamento ) e le Poesie erotiche di Kavafis introdotte da Vittorio Sereni. Pubblicare per Crocetti è meglio di conquistare il Nobel, è fare surf sulla cima dell'Everest della lirica, è titillare con la lingua l'eternità. Pensare di editare i propri quattro stracci con Nicola, insediati fra i titani (Yves Bonnefoy, Charles Wright, Jaime Saenz, Yehuda Amichai, autori che hanno agitato le vene di ogni poeta decente), è un sogno tanto proibito da tacitarlo nel letto osceno del proprio ego. Ma l'opera estrema di Crocetti è la rivista Poesia . Nata nel 1988 (nel primo numero, inediti di Raboni, una rubrica di Raffaello Baldini, l'intervista a Pier Vincenzo Mengaldo), la prima d'Europa dedicata ai poeti, arrivando a tirare 50mila copie. L'ultimo numero, con il volto di Maria Luisa Spaziani, è il 296. Si rischia di non festeggiare il 300. Sarebbe un errore devastante. Perché l'archivio del «Mensile internazionale di cultura poetica» ( www.poesia.it ) è roba da studi universitari, gli Uffizi della letteratura recente. Si va da Guido Ceronetti che traduce Céline agli interventi di Paolo Volponi, dagli inediti di Ezra Pound a quelli di Antonio Riccardi, attuale zar in Mondadori, commentati da Milo De Angelis. Un patrimonio. Che come tale andrebbe preservato dall'incuria e dall'ignoranza. Perché è ora di capire che non basta catapultare milioni a tutela delle vecchie pietre di Pompei e lavarsene mani e piedi, strombazzando il patetico spot «investiamo in cultura». Bisogna custodire i cataloghi delle case editrici di pregio, più importanti del Maxxi o del Guggenheim. Il giorno della Befana dell'anno scorso, per i 25 anni di Poesia , Crocetti fu invitato alla corte di Fabio Fazio, a Che tempo che fa . Gelando il conduttore, che se ne uscì con la domandina di rito, «mi dia una definizione di poesia». «Le rispondo con due citazioni. La prima è di Cesare Rinaldi, poeta del Seicento, che giudicava la poesia “dispensiera di lampi al cieco mondo”.

L'altra è di Ghiannis Ritsos, che la vuole “inconsolabile consolatrice del mondo”». Zitti tutti. Abbiamo bisogno che Crocetti continui, con sovrana disciplina, a pubblicare libri eccelsi. Mecenati, se esistete, fatevi sotto.

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