Così Stalin fece morire di fame milioni di ucraini

Tra l'autunno 1932 e la primavera 1933 circa 6 milioni di contadini nell'Urss furono volutamente condannati a morire di fame: quasi i due terzi delle vittime erano ucraini. Questa carestia indotta, di proporzioni inaudite, non fu dovuta ai capricci della natura, ma venne orchestrata da Stalin per punire i ribelli delle campagne che, in tutta l'Urss, si opponevano alla collettivizzazione. Si tratta di uno dei maggiori crimini del '900 che ora Ettore Cinnella, uno dei migliori sovietologi italiani, ricostruisce con acribia: Ucraina: il genocidio dimenticato 1932-1933 , Della Porta Editori (pagg. 302, euro 18). Ciò che conta sottolineare non è tanto il genocidio in sé, quanto spiegare perché sia avvenuto. L'attuazione delle direttive criminali impartite da Stalin per annientare ogni forma di opposizione sono la prova più evidente dell'avversione popolare al comunismo. Infatti perché usare il terrore, se la grande massa della popolazione lo avesse accettato? Alla fine degli anni Venti in Russia non esisteva più la borghesia, essendo già stata annientata. La figura del nemico di classe era ora rappresentata dai contadini e dal loro rifiuto di accettare le misure imposte dal regime attraverso il lavoro forzato. Siamo di fronte a una vera e propria criminale pianificazione demografica, che si esprime nella volontà di sradicare dalla società comunista tutti i suoi elementi contrari.

Tutto ciò è la logica conseguenza delle mancate previsioni «scientifiche» del marxismo. Il fatto, cioè, che il venir meno di un adeguato sviluppo storico - precisamente la condizione di arretratezza che caratterizzava allora la Russia - non abbia permesso che la transizione dittatoriale fosse breve, è infatti un'argomentazione priva di fondamento. La previsione marxiana, per la quale la rivoluzione socialista si sarebbe dovuta affermare nei Paesi ad alto sviluppo industriale, non solo ha dimostrato l'erroneità dei suoi assunti, anzi che essa si è realizzata proprio a causa dell'arretratezza. Per cui le successive misure dittatoriali attuate dai dirigenti comunisti per dar corso al loro totalitarismo vanno considerate non come fatti straordinari, ma come conseguenza dell'insufficienza scientifica dei presupposti iniziali.

Come affermava giustamente Ignazio Silone «le rivoluzioni, al pari degli alberi, si riconoscono dai loro frutti». Il genocidio ucraino rappresenta una delle tante conferme del rapporto consequenziario tra gli errori del marxismo e gli orrori del comunismo.

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