Bisognerebbe pensarci su dieci volte, prima di pronunciare o scrivere affermazioni pesanti come questa: «Quando una domanda non ha una risposta corretta, c'è solo una risposta possibile. Il silenzio». Perché se poi ti capita di fornire una risposta scorretta, son tutti lì a dirti: «Avresti fatto più bella figura a star zitto». Se poi una risposta scorretta la fornisci su Dante... apriti cielo: la legge del contrappasso (anche se il reato è caduto in prescrizione) ti obbliga a studiarti a memoria la Commedia. Trattando di Dan Brown, a esempio, Dan sembra un diminutivo di Dante. Ma chi si azzarda a correggere Dante è destinato alle pene dell'Inferno. Su queste pagine il nuovo romanzo del bestsellerista statunitense l'abbiamo recensito pochi giorni fa per mano di Luca Doninelli. Il quale gli ha fatto pelo e contropelo dal punto di vista della critica letteraria.
La lavata di capo dal punto di vista filologico, invece, arriva da un affezionatissimo e attentissimo lettore del Giornale, il professor Luciano Pranzetti. Dovete sapere che Pranzetti è un lettore pressoché onnivoro, ma si dà il caso (malaugurato per il suddetto Brown) che il suo piatto preferito sia proprio l'Alighieri. A patto che venga cucinato rigorosamente secondo la ricetta originale. Se si sgarra, son dolori. Dopo aver sottolineato, en passant, che nel precedente successone Il codice da Vinci il povero Dan «s'è esibito in svarioni e cappellate sesquipedali», il nostro Virgilio uso a bacchettarci amichevolmente quando ci coglie in fallo, ha inviato in redazione via e-mail la segnalazione di alcuni sfondoni perpetrati ai danni del sommo poeta. E noi, previa verifica incrociata, la sottoponiamo a tutti.
A pag. 14 Brown dice che i lussuriosi si contorcono sotto la pioggia; invece sono trasportati da «la bufera infernal che mai non resta», quindi lo scrittore si confonde con i golosi. A pag. 44 si dice che il David di Michelangelo è alto 5,20 metri; invece è alto 4,10 metri. A pag. 78 si dice che Botticelli dipinse un quadro dell'Inferno; invece si tratta di una serie di disegni. A pag. 79 si dice che nella decima fossa di Malebolge ci sono i peccatori semisepolti nel terreno a testa in giù; invece ci sono i falsari, gli altri sono i simoniaci. A pag. 179 si lascia intendere che nella Commedia i teschi sono citati più volte; invece si cita un solo teschio, quello dell'arcivescovo Ruggieri, roso da Ugolino. A pag. 187 si dice che quelli che si mantennero neutrali (gli ignavi) sono nei luoghi più caldi; invece stanno fuori, nell'antinferno. A pag. 283 si dice che le anime degli invidiosi debbono salire; invece devono star ferme, in attesa di scontare la pena. A pag. 288 si descrivono le balze del Purgatorio come a spirale; invece sono a gradoni paralleli. A pag. 347 si dice che nell'Inferno ci sono fiumi di pece che tormentano i barattieri; invece loro sono in un pantano bollente e viscoso. A pag. 425 si dice che il doge Enrico Dandolo espugnò la cittadella di Bisanzio il 17 luglio del 1202 (o 1204); invece l'anno è il 1203.
Dopo di che Pranzetti «la bocca sollevò dal fiero pasto». Solo che il «peccator» peggiore non è lui, bensì il tanto celebrato autore. E questa volta la correzione al sacro testo va accolta in toto.
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