Ecco «il fu Émile Zola» che ispirò Pirandello

Per la prima volta in Italia «La morte di Olivier Bécaille» con cui il grande scrittore francese anticipò i temi de «Il fu Mattia Pascal»

Un Émile Zola inedito: non solo perché la traduzione del racconto che qui pubblichiamo non è mai stata proposta in Italia, ma anche perché ci rivela un aspetto narrativo, comico e con sfumature grottesche, poco indagato del grande scrittore francese.

L'autore di testi immortali come Germinal , Il ventre di Parigi o L'Ammazzatoio con questo La morte di Olivier Bécaille ha anticipato persino Il fu Mattia Pascal di Pirandello. Zola immagina un uomo che si ritrova a essere sepolto vivo, in una sorta di coma vigile, e assiste a tutto: dalla disperazione della moglie al ripercorrere in un attimo tutte le fasi della propria vita, dal funerale sino a un finale tragicomico. Una riuscita metafora sul senso di rimozione forzata della civiltà contemporanea nei confronti della morte. Tutto questo Zola lo racconta con una genialità e una capacità narrativa modernissima, se pensiamo che la storia è datata 1879.

Lo scrittore decise di iniziare una collaborazione con l'importante settimanale russo Viestnik Evropy («Il Messaggero d'Europa») su incitamento di Ivan Turgenev: su quelle pagine Zola si sentiva più libero di percorrere frontiere narrative a lui desuete, lontane da quel naturalismo che fece la sua fortuna in Francia. Il risultato sono, oltre a saggi e interventi sociologici, anche le novelle pubblicate solo nel 1884 in Francia da Charpentier e ora tradotte per la prima volta in Italia nel volume Naïs Micoulin e altri racconti , a giorni in libreria per Luigi Pellegrini Editore (pagg. 278, euro 18) nella pregevole collana di Francesco M. Minervino, con traduzione di Paolo Fontana e prefazione di Pierluigi Pellini.

Pellini, professore di Letteratura comparata, già docente alla Sorbona e curatore dei due «Meridiani» Mondadori dedicati a Zola (il terzo è in preparazione), evidenzia proprio come La morte di Olivier Bécaille sia la metafora della decisione del protagonista di perdere «definitivamente ogni identità sociale» rassegnandosi alla

«inanità di un'esistenza larvale, nemmeno alleviata dalla disincantata, ma a suo modo quasi giocosa, accettazione ironica, esibita in analoghe circostanze da quel suo discendente diretto che sarà il Mattia Pascal pirandelliano».

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