L a notizia ieri è rimbalzata sui siti di mezzo mondo. Tra i 15 mila volumi della biblioteca di Harvard ce n'è uno, ottocentesco, sicuramente ricoperto di pelle umana. Analisi condotte sulla copertina di Dei Destini dell'Anima del poeta francese Arsène Houssaye(1815-1896) hanno dimostrato che è stata ottenuta da una sottile epidermide femminile. È così confermata la veridicità di una nota all'interno del volume secondo cui la pergamena della legatura sarebbe stata tratta dalla schiena di una malata mentale morta di ictus. «Nessun ornamento è stato stampato sulla copertina per preservarne l'eleganza. Guardando attentamente se ne vedono i pori», si legge nel messaggio, a firma Ludovic Bouland, luminare della medicina ottocentesca e appassionato bibliofilo. Il volume, una meditazione sull'anima e la vita dopo la morte, era stato donato da Houssaye a Bouland intorno al 1880. Ecco perché il bibliofilo così conclude nella medesima nota: «Un libro sull'anima umana merita di avere una copertina umana».
Una stranezza un po' macabra? Un unicum? Mica tanto, di «lavori in pelle» come quello che si trova presso la biblioteca dell'ateneo del Massachusetts ne esistono, e ne sono esistiti, molti più di quelli che si possa pensare.
Il primo archetipo di questi testi «nobilitati» con derma umano potrebbe essere addirittura una misteriosa antica raccolta di aforismi greca. Epimenide di Creta era un filosofo presocratico di cui ci è rimasto pochissimo. Secondo Diogene Laerzio il suo corpo era conservato a Sparta. E sin qui niente da dire. Ma secondo altri a essere conservata a Sparta era la sua pelle, sulla quale erano scritte frasi misteriose che gli Spartani custodivano con grandissima cura. Falso o realtà? Gli storici si azzuffano. Ma quella della pelle umana su cui scrivere pare fosse proprio una mania spartana. In un passo di Stefano Bizantino (geografo del VI secolo) a proposito della città di Anthana si legge: «è chiamata così, secondo Filostefano, da Anthes... sulla cui pelle Cleomene fratello di Leonida, dopo averlo ucciso e scuoiato, scrisse gli oracoli, che in questo modo erano conservati».
Ma se quelli antichi sono indizi, a partire dal XVII secolo la pelle umana per le rilegature sembra diventare uno sfizio (per pochi), uno sfizio che diventa via via più ricorrente, almeno sino all'Ottocento. A esempio sempre alla biblioteca di Harvard è conservato il giuridico Practicarum quaestionum circa leges regias. Anche in questo c'è una nota che fa accapponare la pelle (scusate il gioco di parole): «La copertina di questo libro è tutto ciò che rimane del mio caro amico Jonas Wright, scorticato viva dai Wavuma nel quarto giorno d'agosto, 1632. Il re Mbesa mi ha donato il libro, una delle poche cose in possesso di Jonas, insieme a molta pelle così da poterlo rilegare. Riposa in pace». Ma in realtà su questa copertina specifica gli studiosi hanno molti dubbi. Uno scherzo antico, forse... Più certa la natura della copertina di una copia di Narrative of the Life of James Allen. Allen era un bandito del XVIII secolo, amante degli pseudonimi, che terrorizzava il Massachusetts. Preso e imprigionato pubblicò una autobiografia. E volle che dopo morto una delle copie, oggi conservata a Boston, fosse ricoperta dal suo derma. Una scelta che non fa una grinza: fuori la sua pelle, dentro la sua vita.
Ma non serve andare così lontano, un libro ricoperto in pelle umana pare si trovi pure alla biblioteca Ambrosiana di Milano, ne diede notizia Armando Torno qualche anno fa. È un testo di anatomia per artisti con una decina di tavole (alcune a colori) scritto da tale Henri van Holsbeék, pubblicato a Bruxelles nel 1861. Una chiosa in francese, datata 1879, assicura che l'esemplare è in pelle umana e il rilegatore fu Gustave Bjthers, anch'egli di Bruxelles. Ma non manca nemmeno chi abbia donato per la scienza. Si dice che un'ammiratrice abbia destinato parte della propria schiena «post mortem» all'astronomo Flammarion (uno che alle signore piaceva), che la utilizzò per un esemplare de Les Terres du Ciel (1877). E pare che la pelle del poeta Jacques Delille (1738-1813) sia finita attorno alle Georgiche di Virgilio da lui tradotte nel 1770. Di nuovo non fa una grinza: cos'altro fa un traduttore se non rivestire della propria pelle le parole di un altro? E gli esempi potrebbero continuare e indirizzarsi verso il feticismo. Si favoleggia di versioni della Justine di De Sade ricoperte con soffice cuoio ottenuto da seni femminili (con tanto di capezzoli ornamentali).
Verrebbe da chiedersi perché il libro abbia finito per essere così spesso racchiuso in un guscio umano. La risposta più banale è che un libro è un'anima senza corpo, si può essere tentati di fornirglielo.
Insomma quello che diceva la poetessa Anise Koltz - Tocco la tua pelle/ come se sfogliassi/ un libro di salmi - può essere facilmente ribaltato. Poi la sociologia e la psicologia potrebbero trovare risposte più macabre. Ma pazienza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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