Franceschini scopre l'affare dei musei

Prevista più autonomia per le grandi istituzioni. Che devono fruttare soldi: meglio tardi che mai

Franceschini scopre l'affare dei musei

«Una rivoluzione nel nostro Paese della quale c'è bisogno». Da quando Matteo Renzi s'è insediato a Palazzo Chigi anche la brezza più leggera è portatrice di un afflato rivoluzionario e così anche il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, s'è adeguato. E ieri, presentando il decreto di riorganizzazione del dicastero, non avrebbe potuto usare un termine diverso da «rivoluzione». In realtà, il grande cambiamento è di là da venire perché il decreto della Presidenza del Consiglio con le modifiche all'ordinamento non ha ancora ricevuto il via libera definitivo e, soprattutto, non è ancora stato vidimato dalla Corte dei Conti, ma le linee-guida ci sono. Il vero rovesciamento di paradigma è essenzialmente uno: la creazione di una nuova direzione generale Musei e la promozione di 9 musei a ufficio dirigenziale. Che cosa significa? Nove di essi (Colosseo, Pompei, Uffizi, Brera, Reggia di Caserta, Accademia di Venezia, Capodimonte, Gnam di Roma e Galleria Borghese) saranno affidati a un dirigente di prima fascia del ministero scelto da apposita commissione ministeriale (composta di interni ed esterni). Altre undici strutture (tra le quali Paestum e Galleria Sabauda) saranno coordinate da un dirigente di seconda fascia, mentre la direzione Musei avrà anche il compito di coordinare e favorire la nascita di poli museali regionali che dovranno creare una sintesi fra pubblico e privato.
In pratica, i direttori dei «super» musei avranno ampia autonomia amministrativa e manageriale. In base alla nuova riforma della pubblica ammnistrazione, il superdirigente potrà anche essere non organico alla Pubblica amministrazione (e quindi in teoria arrivare anche dall'estero) e avrà il compito di valorizzare il patrimonio culturale. «Sono miniere d'oro che non sfruttiamo», ha rimarcato enfaticamente il ministro Franceschini ed, effettivamente, è difficile dargli torto considerato che il Louvre da solo movimenta 100 milioni di euro e il sistema-Italia nel 2013 a stento ha raggiunto i 90 milioni. È chiaro che il titolare di Via del Collegio Romano conta molto sul successo dell'iniziativa non solo per questioni di prestigio personale, ma anche perché al ministero affluiranno direttamente gli introiti del sistema museale, in precedenza «stornati» al maremagnum del Tesoro.
La riorganizzazione di Franceschini ridimensiona le soprintendenze in generale e i soprintendenti in particolare. In primo luogo, perché alle prime viene affidato esclusivamente il compito di tutela del patrimonio. In secondo luogo perché il decreto, «partorito» all'insegna della spending review di Mister Cottarelli, è a costo zero e, a fronte dei nuovi centri di spesa, saranno tagliati 37 dirigenti (6 di prima fascia e 31 di seconda) per rendere più snelle le interazioni tra i livelli di responsabilità. «Stiamo lavorando con il ministero dell'Istruzione e il Cnr per far diventare le soprintendenze un luogo di tutela del territorio, ma anche di formazione e ricerca. C'è un modello già sperimentato: quello dei policlinici universitari», ha detto Franceschini.
I soprintendenti non l'hanno presa bene. E hanno già scritto al ministro lagnandosi per la perdita del loro ruolo che fino a oggi ha unificato competenze tecniche, salvaguardia del patrimonio e promozione della cultura. L'ex segretario del Pd ha preannunciato che la battaglia contro il conservatorismo non sarà semplice. «In Italia i lobbisti chiedono sempre di non fare una norma. All'estero, invece, chiedono di fare qualcosa», ha sottolineato.


Il resto dell'impianto, infine, prevede la creazione di una direzione Arte contemporanea che si occuperà di periferie e la conservazione della direzione Archeologia che Bray voleva sopprimere. Rafforzato, in pieno spirito renziano, il ruolo del segretario generale del ministero. Le rivoluzioni, oggi, si fanno anche così.

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