Poche, irritate, parole, rispondendo a un lettore, sono state la replica di Giuliano Ferrara all'omelìa di papa Francesco «scatenato» contro ciò che considera le «false ideologie cristiane». «Invita a pregare dal profondo della coscienza cristiana e fedele, in un modo che sembra implicare la rinuncia al pensare, al dubitare o di converso all'ottemperare a un pensiero codificato nei secoli da filosofia e teologia», ha scritto l'Elefantino sul Foglio. «Pensa così di salvare la Chiesa come libera associazione di moltitudini credenti, che non interferisce con l'uomo contemporaneo e ne rispetta le scelte di coscienza. Molti cari auguri».
Dopo settimane di articolesse di aperta contestazione, durante la messa nella Casa Santa Marta Bergoglio aveva parlato dei cristiani nei quali «la fede passa, per così dire, per un alambicco e diventa ideologia. E l'ideologia non convoca. Nelle ideologie non c'è Gesù: la sua tenerezza, amore, mitezza... Quando un cristiano diventa discepolo dell'ideologia, ha perso la fede: non è più discepolo di Gesù, è discepolo di questo atteggiamento di pensiero», aveva continuato Francesco. Concludendo: «La conoscenza di Gesù è trasformata in una conoscenza ideologica e anche moralistica, perché questi chiudevano la porta con tante prescrizioni».
Citando l'articolo di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, intitolato appunto Questo Papa non ci piace, Salvatore Abbruzzese, sociologo delle religioni con cattedra all'università di Trento, esordisce dicendo: «Questa polemica non mi piace. Non mi piace questa sorta di disputa verbale dove ciascuno tira il mantello del Papa non facendo i conti con ciò che è. Non il capo di un partito, o il CEO di una multinazionale, ma il vicario del falegname di Nazareth che ha sulle spalle il peso delle speranze di un'intera umanità credente (e anche di tutta quella non credente che è in ricerca). Non si può ascoltare un Papa parlare della coscienza e pensare che la stia riducendo alle semplici opinioni personali, come se il vero non esistesse, come se Dio non ci fosse e non ci parlasse attraverso la ragione. Solo la nostra ragione riduttiva crede che in fondo al nostro cuore non ci siano che opinioni, che il bene non parli e non ci dica la verità». Federico Pichetto, docente di Patrologia e Cristologia all'Istituto di scienze religiose di Genova condivide l'espressione iteologia coniata ieri dal Giornale, «ma forse parlerei di ideo-teologia». Tuttavia, continua Pichetto, autore di alcuni interventi sul Sussidiario.net sull'accoglienza di papa Francesco tra gli atei devoti, «vengo incontro a queste persone che, non avendo chiaro che il cristianesimo non nasce da un magistero ma da un avvenimento, hanno paura che, cambiando il magistero scompaia il ruolo della Chiesa come tutela della civiltà». Certo, per chi vive la fede come «cortigiana di un'idea di società che deve affermarsi, Francesco è un innovatore eccessivo. Ma il cristianesimo è sempre stata un'esperienza di pluralità. Francesco non sta certo dicendo che i matrimoni gay vanno bene. Cambia solo il linguaggio della stessa missione. Si sente meno parlare di ragione e relativismo e più di coscienza, misericordia e povertà che pure appartengono alla tradizione cristiana». Assai critico sulla predicazione di Bergoglio si mostra invece Sandro Magister, vaticanista dell'Espresso e titolare del seguitissimo blog Settimo cielo. Se l'obiettivo dell'omelìa di Bergoglio «era colpire quelle sistematizzazioni del pensiero cristiano che lui vede come una sorta di gabbia che imprigiona il nucleo vivo e infuocato del pensiero cristiano stesso, a mio giudizio questa preoccupazione è senza fondamento perché il problema della Chiesa negli ultimi decenni è stato opposto. Ovvero quello di essere smarrita, disancorata dai suoi fondamenti. Proprio per cercare di rispondere a questa crisi ci sono stati i pontificati di Giovanni Paolo II e più ancora di Benedetto XVI. In particolare Ratzinger ha cercato di dare un'architettura organica al pensiero cristiano. L'annuncio del vangelo non è innanzitutto l'annuncio della misericordia di Dio, ma anche il prologo del vangelo di Giovanni dove si parla del Logos che si fa carne. Purtroppo - conclude Magister - leggere il vangelo di Giovanni non è come ascoltare le prediche di Bergoglio. Sono molto diffidente della solidità di questo consenso che avvolge il Papa.
Perché mi pare costruito con una predicazione che ha sempre schivato i punti contestabili». Di giudizio opposto è padre Livio Fanzaga, il direttore di Radio Maria che non vuole tornare sulla sospensione di Gnocchi e Palmaro: «Nella meditazione a Santa Marta c'è l'impostazione spirituale di fondo di Francesco, che è poi l'unica cristiana. La fede è l'incontro con la persona di Cristo risorto, e quindi con la sua tenerezza, il suo amore, la sua mitezza. Questo incontro trasforma la vita. La persona di Cristo è al centro e la dottrina cristiana deve sempre portarci a questo centro irradiatore di vita. Se manca questo il cristianesimo scade a ideologia e moralismo.
538em;">Questo succede quando gli intellettuali cattolici smettono di incontrare Dio nella preghiera. Francesco fa quello che Gesù ha detto a Pietro: Pasci le mie pecorelle. Credo che Benedetto XVI, il Papa emerito, sia lui per primo felicissimo del dono che Dio ha fatto alla chiesa con papa Francesco».
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