L'homo sapiens ha trionfato perché non era radical chic

Edward Wilson smonta il veganesimo, il mito del buon selvaggio e quello della decrescita felice. Per evolversi serve l'esatto contrario

L'homo sapiens ha trionfato perché non era radical chic

Tante brutte notizie per vegani, vegetariani, ambientalisti, anticapitalisti e anime belle, e io appena posso sono sempre lieto di portarle. Perché più si studia l'evoluzione più si scopre che i felici amanti della natura non hanno capito niente. Ce lo dicono gli scienziati, con il loro linguaggio pacato e moderato, come quello di Edward O. Wilson, insigne entomologo, il cui ultimo libro, La conquista sociale della Terra (Raffaello Cortina Editore, pagg. 372, euro 23,20), stavolta vi racconta non di insetti ma di come Homo Sapiens abbia conquistato il mondo. Soprattutto per mezzo della socialità, o meglio dell'«eusocialità», e attenzione: mica rose e fiori. Sfatando, non volendo, una serie di luoghi comuni radicalchic.

Tanto per cominciare col cavolo che siamo una specie vegetariana come i nostri cugini scimpanzé, dal cui antenato comune ci siamo separati sei milioni di anni fa. I quali cugini per la verità non sono vegetariani neppure loro: cacciano scimmie, con tecniche predatorie coordinate e sofisticate, simili alle nostre. Mangiano meno carne di noi, infatti sono meno intelligenti: in altre parole per selezione naturale si sono trovati a investire meno nello sviluppo del cervello, che richiedeva un notevole apporto di proteine. Non lo dico perché sono di parte, anzi: sono vegetariano (tranne quando una volta al mese vado al Mc Donald's, il mio ristorante preferito) ma voi carnivori incalliti potete rispondere a Umberto Veronesi che neppure lui sarebbe così intelligente se i suoi antenati non avessero mangiato bistecche.

Devono rassegnarsi anche i tanti seguaci del mito del buon selvaggio, l'uomo puro contaminato dalla civiltà: l'uomo più è primitivo più è guerrafondaio. In Occidente, al contrario, stiamo vivendo il più lungo periodo di pace dagli australopitechi a oggi, ma nell'Occidente moderno e capitalista, appunto. Mentre più si regredisce più è normale uccidere: basta leggere la Bibbia, che in tempi geologici, rispetto a tre miliardi di anni di evoluzione della vita, è stata scritta un secondo fa.
Invece le tribù pacifiche sono poche, e tra l'altro delle più rincoglionite. Tipo gli eschimesi copper e ingalik, i gebusi della Nuova Guinea, i semang della penisola malese, i sirionò amazzonici, gli yahgan della Terra del Fuoco, i warrau del Venezuela, gli aborigeni della costa occidentale della Tanzania. Tra l'altro se andate a spulciarli bene non è neppure vero che siano così buoni: i gebusi e gli eschimesi copper avevano un tasso di omicidi altissimo, e perfino la mia filippina a volte mi fa paura.

Oppure prendete i Maya, che tanto piacciono ai primitivisti alternativi: ritenevano la guerra una parte fondamentale della vita quotidiana, se ne incontravi uno più che mostrarti un calendario ti apriva come un grillino la scatoletta di tonno. E non si salvano neppure i buddhisti: in Giappone tutte le guerre feudali furono intraprese dal buddhismo, lo yamabushi era il «monaco guerriero». Non c'è bisogno di citare le guerre sante islamiche, le crociate cristiane, gli stermini tra hutu e tutsi e chi più tribù ha più ne metta. Lo stesso Homo Sapiens, d'altra parte, è sapiens per aver saputo annientare tutte le specie rivali, ultima delle quali l'Homo di Neanderthal (che, attenzione, non è un nostro antenato).
Inoltre gli uomini preistorici e gli ominidi pre-umani erano cacciatori-raccoglitori: praticamente l'obiettivo di quella cagata del Movimento per la decrescita felice di Nicholas Georgescu-Roegen preso alla lettera da Grillo e dai fanatici del chilometro zero.

Non sentitevi, in ogni caso, una specie animale troppo trionfante: sappiate che le formiche camminano su questo pianeta da oltre centocinquanta milioni di anni, noi da appena duecentomila, e abbiamo inventato l'agricoltura da appena diecimila anni (le formiche tagliafoglie cinquanta milioni di anni prima di noi). Il grande progresso scientifico lo abbiamo ottenuto negli ultimi duecento anni, il culmine di una marcia iniziata ben sessantamila anni fa, quando l'Homo Sapiens se ne andò via dall'Africa. Non tutti, lì ci sono rimasti gli africani, e ora ci tocca pure aiutarli. Nella lunga storia della coscienza sociale raccontata da Wilson e durata «milioni di anni di lotta all'ultimo sangue», una cosa è certa: il riconoscersi in clan, tribù, gruppi di appartenenza, è fondamentale per affermarsi. Come specie animali o come popoli fa poca differenza, dalle api agli scimpanzé agli animali umani conta il lavoro di squadra.

Sarà per questo che noi italiani siamo messi così male: non ci riconosciamo nell'Europa, non nell'Italia, non nei partiti politici, e per il lavoro di squadra c'è rimasta solo la squadra di calcio. Insomma, dopo duecentomila anni altro che formiche, facciamo ridere i polli.

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