Acton, una vita nel segno della libertà

Uomo di straordinaria erudizione e difensore della libertà morale e politica, chi era davvero l'autore di "Libertà e nazione"?

Acton, una vita nel segno della libertà

“Il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe assolutamente”: molto si può dire di Lord Acton, ma non che gli difettasse il gusto della sentenza fulminante. Questo giudizio stracitato, e forse abusato, è una felice rappresentazione della sua cifra di pensatore: la consapevolezza che la garanzia della libertà – morale prima che politica – passa per la valorizzazione dei vincoli al potere.
Acton nacque a Napoli – il nonno fu primo ministro di Ferdinando IV, il Re Lazzarone, nell’immediata vigilia della fugace esperienza della Repubblica Napoletana. Fu un uomo di straordinaria erudizione – si diceva che leggesse due libri al giorno – e un poliglotta – parlava inglese con i figli, tedesco con la moglie, francese con la cognata, italiano con la suocera. Ammesso all’università di Cambridge, non poté frequentarla perché cattolico: vi sarebbe approdato finalmente da insegnante, ottenendo la cattedra di storia moderna nel 1895. Studiò, invece, a Monaco con lo storico della chiesa e teologo Ignaz von Döllinger, che ne segnò la maturazione intellettuale ma da cui, in seguito, prese le distanze.
Le sue qualità marcarono anche i suoi limiti: la dirittura morale lo fece sentire a tal punto isolato da dichiarare di non aver mai avuto dei contemporanei, lui che in tutta Europa, per lignaggio e per merito, fu di casa a corte e nei salotti; la voracità intellettuale gli ispirò una sterminata collezione di appunti e un certo numero di scritti estemporanei, ma – unita a un esasperato rigore scientifico – gli impedì di pubblicare in vita un libro. Del resto, il compito che si era prefisso avrebbe atterrito chiunque: per decenni egli lavorò a una monumentale Storia della libertà, quel che alcuni ebbero a definire "il più grande libro non scritto".
Proprio la libertà fu la bussola della sua ricerca; e la religione ne fu l’altro corno. Il suo fu un liberalismo empirico, non ideologico, fondato sull’osservazione dell’esperienza delle civiltà umane e guardingo rispetto agli stravolgimenti repentini. Condannò la rivoluzione come nemica della libertà, al pari dell’assolutismo; e, pur contrario alla schiavitù, simpatizzò con le forze confederate durante la guerra civile americana – posizione che ben risuonava con il suo apprezzamento per le istituzioni federaliste. Criticò aspramente il socialismo e il nazionalismo, che miravano a capovolgere gli assetti proprietari e territoriali, ponendo lo stato al servizio di una funzione esclusiva – il primo passo verso l'assolutismo. Credette – come l’amico Tocqueville – nel ruolo dei corpi intermedi nel presidiare gli spazi di libertà e dipinse la rilevanza del cristianesimo nell'agevolare la separazione tra sacro e potere. Tuttavia, la sua adesione al cattolicesimo non fu più dogmatica della sua militanza liberale: fermo nella fede, analizzò con distacco la storia e la politica della Chiesa, cui non lesinò critiche.
La carriera politica di Acton non fu memorabile; ma, dietro le quinte, fu assai vicino a Gladstone ed esercitò su di lui una profonda influenza. Fu sempre attivo sulla scena culturale, attraverso un’intensa attività giornalistica. Morto nel 1902, ebbe appena il tempo di affacciarsi sul ventesimo secolo: non gli sarebbe piaciuto comunque.

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