Le tragedie e le polemiche di queste settimane hanno riportato al centro dell'attenzione il dibattito sull'immigrazione, sulle frontiere, sul multiculturalismo. Alcuni romanzi in uscita affrontano il tema di petto, con prospettive, come è normale che sia, molto diverse fra loro. Le ragioni del sangue (Mondadori) di Tom Wolfe è forse quello più atteso. Il grande scrittore statunitense ha scelto di ambientare la sua storia a Miami. È l'autore stesso ha spiegare il motivo: la città della Florida è l'unica al mondo in cui oltre metà della popolazione sia di recente immigrazione. I cubani sono i più numerosi. I bianchi non ispanici, diventati una minoranza con incredibile rapidità, ora sono appena il 12 per cento degli abitanti. Inoltre, a Miami, gente proveniente da un altro Paese ha preso legittimamente il potere e il controllo delle istituzioni. Il laboratorio perfetto per Wolfe, acuto osservatore dei mutamenti sociali.
La metropoli multietnica del XXI secolo, che potrebbe essere anche nel nostro futuro, è protagonista de Le ragioni del sangue. Le diverse comunità vivono una accanto all'altra ma sono piccoli mondi chiusi agli «stranieri». Manca ogni ipotesi di convivenza, figuriamoci quanto fascino eserciti lo Stato. Non c'è collante ideologico né religioso che tenga. Tutto è frammentato. Attraversare i quartieri di Miami, racconta Wolfe, è come passare da piccola patria a piccola patria. In questo caos, ci si aggrappa al concetto arcaico di tribù. All'interno di ogni enclave dominano le ragioni del sangue, come recita il titolo (quello originale, Back to Blood, era ancora più esplicito). Le regole del proprio gruppo etnico sono superiori alla legge, un intralcio da aggirare. È un fallimento totale così riassunto da uno dei personaggi: «Tutti odiano tutti».
Il protagonista è il poliziotto di origine cubana Nestor Camacho. Con un gesto eroico, egli salva la vita a un clandestino in fuga da Fidel Castro. Tutto bene? Al contrario. Nestor, pur evitando la morte in mare all'aspirante rifugiato, ne causa l'arresto e il probabile rimpatrio. Se il profugo avesse toccato il suolo americano, avrebbe invece avuto diritto all'asilo politico. La vicenda finisce sui giornali, e Nestor si trova bandito dalla sua stessa famiglia, che lo considera un traditore della comunità. Neppure può contare su una reale solidarietà dei colleghi in divisa. Per loro, Nestor, che non parla lo spagnolo e non ha mai visitato Cuba, resta uno straniero. Tutti in questo libro vorrebbero essere qualcos'altro perché non riescono a essere statunitensi (e forse neppure lo desiderano). Ghislaine, di cui Camacho è innamorato, è immigrata haitiana di seconda generazione ma si finge francese purosangue. Il fratello della ragazza, invece, vorrebbe essere un vero duro, e si mimetizza tra gli adolescenti delle gang afroamericane.
Parti esilaranti del libro sono dedicate ai magnati russi, pieni di soldi e innamorati dell'arte (strepitoso il ritratto dei collezionisti alle prese con la fuffa contemporanea di Art Basel, la fiera svizzera che in dicembre si trasferisce a Miami Beach). Ma questi benefattori e affaristi provenienti dalle steppe un tempo sovietiche non saranno per caso mafiosi o venditori di fumo venuti a conquistare le poche zolle ancora disponibili di terra di nessuno? Gli anglos bianchi invece sembrano accontentarsi di vivere da reclusi in strade esclusive. Sono zombie convinti di essere ancora in piena forma.
Nel nuovo mondo, sindaco e forze dell'ordine non hanno le mani libere perché subiscono il ricatto delle varie etnie in grado di controllare il territorio.
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