C'è anche la camicia nera nel passato di Dario Fo, non solo la spilla di militante della sinistra che nel tempo s'è cucito addosso per poi passare al grillismo.
Fu fascista, e pure volontario nella R.S.I. Secondo una sentenza del Tribunale fu anche un rastrellatore, avendo preso parte alle azioni militari del Battaglione Azzurro di Tradate in cui era inquadrato. In qualche modo Fo cercò di nascondere ed edulcorare la sua militanza nelle file del fascismo di Mussolini. Portò pure in Tribunale il quotidiano Il Nord che lo definì, appunto, fascista e rastrellatore. "È certo che Fo ha vestito la divisa del paracadutista repubblichino nelle file del Battaglione Azzurro di Tradate. Lo ha riconosciuto lui stesso – e non poteva non farlo, trattandosi di circostanza confortata da numerosi riscontri probatori documentali e testimoniali – anche se ha cercato di edulcorare il suo arruolamento volontario sostenendo di avere svolto la parte dell’infiltrato pronto al doppio gioco. Deve ritenersi accertato che delle formazioni fasciste impegnate nell’operazione in Val Cannobina facessero sicuramente parte anche i paracadutisti del Battaglione Azzurro di Tradate. ( … ) Non è altrettanto certo, o meglio è discutibile, che vi sia stato impiegato Dario Fo. Ma (…) la milizia repubblichina di Fo in un battaglione che di sicuro ha effettuato qualche rastrellamento, lo rende in certo qual modo moralmente corresponsabile di tutte le attività e di ogni scelta operata da quella scuola nella quale egli, per libera elezione, aveva deciso di entrare. È legittima dunque per Dario Fo non solo la definizione di repubblichino, ma anche quella di rastrellatore".
Dario Fo si arruola nelle R.S.I.
Nella sua vita di impegnato artista e drammaturgo di sinistra, Fo cercò di ricrearsi verginità politica da un passato non cancellabile. Non si cancellano infatti le foto che lo rintraggono, sorridente, insieme ai camerati repubblichini (guarda la foto). Dapprima disse di aver firmato l'arruolamento "per necessità", poi di essere una sorta di infiltrato. "Io repubblichino? - raccontò a Repubblica nel 1978 - Non l'ho mai negato. Sono nato nel '26. Nel '43 avevo 17 anni. Fin a quando ho potuto ho fatto il renitente. Poi è arrivato il bando di morte. O mi presentavo o fuggivo in Svizzera''. Eppure il giudice è stato chiaro nel dire che Fo fu "moralmente corresponsabile di tutte le attività e di ogni scelta operata da quella scuola nella quale egli, per libera elezione, aveva deciso di entrare". Amen.
Ma lui non era d'accordo, così al Corriere della sera disse che lo fece "per ragioni molto più pratiche: cercare di imboscarmi, di portare a casa la pelle (...). Io e tanti miei amici chiamati alla leva, per evitare il fronte le pensavamo tutte. E per evitare di essere deportato in Germania la scappatoia fu quella di arruolarmi nell'artiglieria contraerea di Varese. Una contraerea mancante dei pezzi fondamentali, i cannoni. Una situazione ideale per noi, che contavamo di tornarcene tranquillamente a casa. In permesso perenne. Invece era una trappola. Appena arruolati ci caricarono sui treni merci, ci fecero indossare divise tedesche e ci affidarono all'esercito del Reich, per farci addestrare sul serio. In realtà ci usarono come bassa manovalanza (...) A un certo punto capimmo che ci avrebbero trasportati in Germania a sostituire gli artiglieri tedeschi massacrati dalle bombe. E allora altra fuga.
L'unico scampo era arruolarsi nella scuola dei paracadutisti di Tradate, a due passi da casa mia. (...) Finito l'addestramento, fuga finale. Tornai nelle mie valli, cercai di unirmi ai partigiani, ma non era rimasto nessuno".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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