La perfida Albione, l'uomo con l'ombrello, l'appeasement, le democrazie che fanno muro, anche se lentamente, contro l'avanzata dei totalitarismi. Alla fine nella manualistica storica e, a volte, anche nelle monografie più approfondite, quando si parla del rapporto tra Italia, Gran Bretagna e Germania - negli anni '20 e '30 - non si va molto oltre questo leitmotiv abbastanza scontato.
Insomma, le due realtà Democrazie-Forze dell'Asse sono spesso presentate come ontologicamente diverse. E, per carità, per molti versi lo erano. Ma prima che scoppiasse la Seconda, tremenda, tempesta d'acciaio del '900, i legami tra le potenze europee erano molto più variegati, complessi e stretti di quanto spesso si racconti. Poteva capitare che Mussolini considerasse l'Inghilterra «fascistissima», che Neville Chamberlain, ancora nel 1939, scrivesse del Duce in questi termini: «È estremamente attento e vigoroso, sia mentalmente che fisicamente... Si ha la sensazione di discutere con un uomo ragionevole, non con un fanatico, e ci ha colpito la sua schiettezza e sincerità». O ancora che il partito di coloro che a Londra volevano la pace con la Germania, dopo la caduta con la Francia, fosse enormemente più forte di quanto la narrazione ufficiale, che è sempre quella dei vincitori, abbia l'intenzione di ammettere. E con molti più contatti con Berlino di quanto si creda. In soldoni: Rudolf Hess non salì su un bimotore Messerschmitt volando sino alla Scozia perché gli era girata storta qualche rotella. Lo fece perché credeva di avere buone possibilità di negoziare una pace separata. Era un azzardo calcolato, non una mattana.
Per avere una bella panoramica su tutti questi rapporti, segreti e meno segreti, risulta utile il saggio di Roberto Festorazzi che arriverà in settimana nelle librerie: La Perfida Albione. L'Inghilterra e le sue segrete connessioni con Hitler e Mussolini (Editore in edibus, pagg. 380, euro 22). Festorazzi, che è storico e giornalista, traccia un grande affresco, poco ideologico, in cui mette davanti al lettore fatti che, paradossalmente, negli anni Trenta erano evidenti a molti ma che poi la storiografia ha dimenticato, se non occultato. Nei primi capitoli parte da un'attenta radiografia del sistema economico e giuridico britannico. Che mette bene in luce come alla fine il bicameralismo britannico premiasse un ristrettissimo numero di persone, mettendo nelle loro mani tutte le leve del potere. Insomma la famosa «plutocrazia» che Mussolini osteggiava, per lo più a parole. Perché, nei fatti, almeno un pezzo di quella plutocrazia con Mussolini ci veniva allegramente a patti. Gli esempi fatti da Festorazzi sono tantissimi - spiega nel dettaglio l'attività londinese di Dino Grandi o quella romana dell'avvocato maltese Adrian Dingli - ma quello più evidente risale sempre al 1939. A guerra iniziata, e con l'Italia che aveva sgambettato la Germania decidendo di non entrare nel conflitto, gli italiani trattavano per rifornire di armi la «Perfida Albione».
Allo stesso modo Roma era ben decisa a mettere le mani nei Balcani, e soprattutto in Romania, prima che ce le mettessero i tedeschi. E gli inglesi sino all'ultimo sperarono che Hitler fosse un'ottima arma da usare contro l'espansionismo staliniano, dirottandolo a Oriente. Senza contare il caso del deposto Edoardo VIII che nella Germania vedeva un potente alleato per un suo eventuale ritorno sul trono o almeno nella politica britannica (ma i nazisti gli stavano simpatici già prima, come stavano simpatici anche al famoso Lawrence d'Arabia).
Ma sono solo assaggi del complesso quadro di liasons dangereuses economiche, politiche e personali, che il libro mette in luce, a colpi di documenti e testi d'epoca. Alcuni casi singoli può darsi che al lettore siano noti: come la vicinanza al nazismo dell'ambasciatore Usa in Gran Bretagna, Joseph Patrick Kennedy, oppure il discreto seguito che ebbe tra gli inglesi la British Union of Fascists di Oswald Mosley. Ma a fare la differenza è proprio la complessità del puzzle che si ottiene, incastrando tutti questi eventi assieme. Si parla spesso dei rapporti segreti tra Mussolini e Churchill (che fanno ampiamente capolino anche in questo saggio), del famoso carteggio scomparso.
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