Il riscaldamento globale? Una bufala (troppo) costosa

Per gli scienziati l'aumento delle temperature è sovrastimato e basato su calcoli dubbi. E le politiche contro il global warming comportano grandi spese per benefici minimi

Riscaldamento globale
Riscaldamento globale

Erice - Quando un fenomeno è complesso, niente di più facile che interpretarlo male. Ecco, tirando le somme (a rischio di semplificare) quanto è emerso in questi giorni rispetto al riscaldamento globale agli International «seminars on planetary emergencies» voluti dal professor Antonino Zichichi e organizzati, sotto il patronato del Presidente della Repubblica, alla fondazione Ettore Majorana di Erice.
Il global warming, infatti, è stato esaminato da un nutrito gruppo di scienziati sotto un profilo affatto particolare, quello dei costi. Sì, perché se non è detto che il riscaldamento del pianeta sia per forza un disastro per l'umanità (noi bipedi implumi siamo passati durante la nostra storia attraverso moltissimi mutamenti climatici), però sembra potersi trasformare facilmente in un disastro economico. Ecco che quindi a Erice la palla è stata passata agli economisti, per la precisione: Christopher Essex, matematica applicata all'Università dell'Ontario, Ross Mckitrick economista canadese, Michael Jefferson della London Business School e Bruce Stram esperto a stelle e strisce di Elementi del mercato. A fargli compagnia nella conferenza due politici britannici, lord Nigel Lawson, ex Cancelliere dello Scacchiere (leggesi Segretario al tesoro) di Sua Maestà e il Visconte Monckton of Brenchley, a lungo uno dei principali consulenti di Margaret Thatcher (che da anni combatte sul fronte del clima).
Ed è stato proprio Christopher Walter Monckton a mettere con precisione il dito nella piaga. Da quando si è aperto il dibattito sull'effetto serra gli scienziati si dividono tra chi suggerisce di adattarsi al cambiamento del clima e chi sposando i modelli matematici che ipotizzavano situazioni molto estreme ha suggerito interventi consistenti per mitigare l'aumento delle temperature. Hanno vinto i secondi. Ecco i risultati, esposti da Mockton, a quasi quindici anni dal protocollo di Kyoto.
Beh, innanzitutto il cambiamento climatico sin qui è stato molto più lento del previsto. Agli inizi degli anni Novanta si pensava che le temperature sarebbero salite, a livello globale, di un valore compreso tra gli 0,2 gradi e gli 0,5 gradi ogni dieci anni. Invece l'aumento è stato solo di 0,14 gradi. E non è detto che le scelte umane c'entrino. Ma soprattutto il costo per ridurre le emissioni, anche di poco, è altissimo. L'esempio portato da Monckton è quello della CO2 Tax imposta in Australia. Per abbattere le emissioni globali di CO2 dello 0,0006 entro il 2020 gli australiani spenderanno 130 miliardi di dollari. Se tutti nel mondo praticassero la scelta australiana il costo salirebbe a 541 miliardi di dollari. Insomma, il rapporto costi benefici secondo Monckton è folle, per usare parole sue: «Se questa fosse una polizza assicurativa nessuno vorrebbe sottoscriverla… adattarsi al mutamento climatico ha costi molto più bassi».
Ovvio che il dibattito a quel punto si sia spostato sui numeri. E qui il contributo più interessante è stato probabilmente quello del «padrone di casa», il professor Antonino Zichichi: «Per capire gli spostamenti di un elettrone servono delle equazioni non lineari… Possibile che sul clima, che è complessissimo, circolino così tanti modelli predittivi approssimativi, basati su una matematica elementare, e li si consideri attendibili?». E ancora, parlando con Il Giornale: «Il motore meteorologico è in gran parte regolato dalla CO2 prodotta dalla natura, quella CO2 che nutre le piante ed evita che la terra sia un luogo gelido e inospitale, quella prodotta dagli esseri umani è una minima parte… Eppure molti scienziati dicono che è quella minima parte a produrre gravi fenomeni perturbativi. Ma ogni volta che chiedo loro di esporre dei modelli matematici adeguati che sostengano la teoria (e comunque oltre ai modelli servirebbero degli esperimenti) non sono in grado di farlo. Serve un gruppo di matematici che controlli i modelli esistenti e dia dei responsi di attendibilità, spostano miliardi di dollari… Magari deviandoli da emergenze vere».
Tra l'altro molto spesso i teorici dell'ecologia che criticano l'eccessiva produzione di CO2 sono gli stessi che si oppongono a testa bassa al nucleare. Risultato? Spiegato abbastanza bene nell'incontro di ieri mattina che ha coinvolto molti esperti dell'atomo, tra cui Hans-Holger Rogner dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica e lady Barbara Thomas Judge dell'Autorità per l'energia atomica della Gran Bretagna. L'Occidente ha arrestato il suo sviluppo nucleare. Però nel mondo sono in costruzione più di sessanta centrali nucleari.

Molte in Paesi del Terzo mondo, in cui i controlli e i pareri dell'Agenzia internazionale sono nulli.
Insomma, chi paga il dazio ecologico lo paga caro e forse a vanvera, chi non lo paga super-produce ma rischia di far danno a tutti, e non con la CO2.

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