Londra - Sempre fieramente controcorrente, il filosofo e scrittore inglese Roger Scruton rimane un conservatore a oltranza: schierato contro ogni conformismo politically correct invoca l'importanza della filosofia negli affari politici, difende il ruolo della tradizione e nel suo nuovo libro The Soul of the World ( L'anima del mondo ) ribadisce l'importanza del recupero del sacro nella nostra vita in cui il senso della bellezza si è clamorosamente perduto a favore di un rampante nichilismo materialista. Il libro è soprattutto un ammonimento contro l'ateismo di moda, contro ciò che il filosofo definisce «la cultura dell'idolatria, in cui la libertà e la personalità vengono annullate dall'invadenza di una miriade di immagini estranee che producono reazioni di dipendenza».
Per sostenere la sua posizione, Lei porta gli esempi dell'architettura, della musica, del sesso, invitando a difenderci dal rifiuto del sacro in una società secolarizzata che va contro se stessa. In che modo?
«Questo è un libro di filosofia, non di teologia. Non è un rifugio bensì un tentativo di comprendere il nostro mondo in cui il senso dell'estetica è andato perduto. Per difenderci il nostro primo dovere è ritrovare il senso del Bello, e allo stesso tempo meditare sui valori fondamentali, su che cosa è davvero importante nella vita dell'uomo. L'importanza dell'estetica non è propriamente compresa. Essa dovrebbe indicarci l'importanza non solo dell'arte ma dell'intera esperienza della conoscenza del bello nella vita dell'uomo. Il contributo di Benedetto Croce in questo senso è stato fondamentale, ma oggi il gusto e il giudizio estetico non interessano più. Basti pensare che in Inghilterra, come altrove del resto, si esalta la musica pop come cultura ufficiale perché non si vuole vedere quanto essenziale sia la musica classica per la formazione dell'anima. Io convengo con Platone quando condanna la musica dionisica: la sua visione è quanto mai rilevante oggi».
Lei sottolinea l'importanza della tradizione: come mediare fra tradizione e modernità?
«Tradizione e modernità non sono in conflitto, la tradizione è in conflitto soltanto con la barbarie. Io auspico una forma di modernità che abbracci una visione colta del mondo. La tradizione è molto importante, ma non è facile recuperare ciò che è andato perduto. Se una cosa è valida perché non conservarla? Dovrebbero insegnarlo nelle scuole, ma oggi ben pochi lo fanno. La grande difficoltà è che la gente vuole costantemente cambiare le cose, vuole sempre migliorare anche ciò che non ne ha bisogno, o che non può essere migliorato. È una debolezza dell'uomo».
Il suo libro rilancia il guanto della sfida conservatrice, da Lei mai abbandonata. Il significato del conservatorismo oggi?
«Oggi è sempre più difficile ritrovare le cose valide da conservare, l'intento del mio lavoro è indicare il modo di recuperarle. Sono sempre considerato una sorta di anacronismo comunque. In particolare la sinistra ritiene che quello che dico siano tutte sciocchezze. E la sinistra è molto forte, dappertutto. È molto forte, ma non ha convinzioni. Per questo la sfida conservatrice oggi è più importante che mai, e credo che la gente in Italia se ne renda conto piuttosto bene, perché vedono tutto il vuoto della sinistra, e vedono anche come i grandi progetti dell'Unione europea stiano disgregando il loro Paese senza produrre niente di concreto».
Il tema dell'Europa è particolarmente sentito in Inghilterra. Il Regno Unito paventa la scomparsa di quell' englishness che lo contraddistingue e che fa la sua forza. Il problema è l'immigrazione?
«Certo naturalmente, questa è la ragione per cui la gente ha votato per l'UK Independence Party di Nigel Farage alle ultime elezioni. Gli inglesi sono terrorizzati al pensiero di scomparire, in massima parte per la pressione dell'immigrazione dall'Europa dell'Est, ma anche perché si sta perdendo sempre di più il senso della storia e con esso il senso di un'identità ben definita che dovrebbe essere insegnata nelle scuole. Ma che non lo è».
Questo spiega in parte l'euroscetticismo diffuso. Quali sono le altre ragioni?
«Il caso dell'Inghilterra e delle Isole britanniche è particolare per due ragioni. La prima è lo squilibrio nella nostra immigrazione che non potrà mai essere corretto: noi parliamo la lingua internazionale, quindi tutti possono venire nel nostro Paese mentre noi non possiamo spostarci con la stessa facilità. La seconda ragione è che noi non siamo stati sconfitti nell'ultima guerra, quindi a differenza degli altri Paesi d'Europa abbiamo mantenuto intatte le nostre istituzioni e il nostro modo di fare le cose, e questo ci garantisce un ordine politico libero e sicuro. Una sicurezza per tutti coloro che vengono qui, ma uno svantaggio per noi se dovessimo sacrificarlo ai burocrati di Bruxelles».
Quindi l'Unione europea secondo Lei è un errore?
«Non dico sia un errore per gli altri Paesi, ma sarebbe un errore fatale per il Regno Unito legarsi all'Europa. Detto questo, non credo sia un bene per nessuno sacrificare la sovranità storica soltanto per un sistema burocratico di controllo, anche se questo sistema produce una prosperità materiale, che resta sempre discutibile perché in se stessa ciò non è mai una buona cosa».
Quali sono le sfide proveniente dall'esterno più importantio oggi per l'Europa, e di fronte alle quali è necessaria una certa unità?
«Certamente l'Islam, in particolare quello radicale, che costituisce una sfida per tutta l'Europa: è incompatibile con le nostre forme di governo, come del resto il Califfato riconosce. Poi c'è la questione israelo-palestinese, per la quale sinceramente non vedo una soluzione, almeno in tempi brevi. In questa situazione ci sono da una parte problemi reali, contingenti, e dall'altra la Storia, che non si può eliminare. Nell'attuale conflitto, Israele non è l'aggressore, resta però il problema di quali armi possa o non possa usare».
Nell'attuale situazione politica mondiale Lei
ritiene che il recupero del sacro possa aiutare a ricomporre il caos del presente?«Sì, perché si recupererebbero i valori perduti necessari ad accettare i limiti della natura umana e a non volere sempre cambiare».
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