Se Indiana Jones è più classico di Giasone

«Se un grande filosofo come Heidegger sosteneva che bisognava trovare le radici del pensiero genuino nel linguaggio poetico, altrettanto, oggi, si potrebbe dire per quello filmico». È questa la provocazione che ha spinto Claudio Bonvecchio, ordinario di Filosofia delle Scienze Sociali all'Università degli Studi dell'Insubria, a curare un volume collettaneo dedicato alla Filosofia di Indiana Jones (Mimesis, pagg. 268, euro 18), dove l'archeologo-avventuriero partorito dalla fantasia di George Lucas e Steven Spielberg incarna un nuovo modello di filosofia, non più nascosta in libri di difficile comprensione, ma esposta da quattro pellicole di successo. Secondo il libro, i film di Indiana Jones interpretati da Harrison Ford propongono una filosofia o, meglio, una visione del mondo, di tipo eroico, dove a guidare le azioni non è più il profitto o il tornaconto personale tipici del ceto borghese, ma l'amore per la giustizia e il desiderio di una vita avventurosa, obiettivi propri di una concezione aristocratica della vita.
Analizzando le vicende del prof. Henry Walton Jones, alias Indiana Jones, Indy per gli intimi, Bonvecchio e i suoi collaboratori trovano nella personalità complessa e contraddittoria dell'accademico numerosi riferimenti al modello classico dell'eroe, il quale deve intraprendere viaggi e sfidare pericoli per compiere l'impresa che gli avrebbe svelato il significato trascendente della vita. Come Giasone e gli Argonauti alla ricerca del Vello d'Oro e seguendo l'esempio dei cavalieri della Tavola Rotonda, anche Indiana Jones va alla ricerca di se stesso, rischiando la propria vita perché il bene trionfi e, soprattutto, affinché l'eroe riesca infine a ristabilire i legami tra microcosmo e macrocosmo, riportando ordine nel caos dell'universo.


Tuttavia su questo punto non tutti gli autori riuniti in La filosofia di Indiana Jones sono concordi: lo psicoterapeuta Andrea Segatori, a esempio, liquida Indiana Jones definendolo una «pericolosa contraffazione», parodia caricaturale e grottesca dei veri miti e degli eroi autentici: Indy non è che un imbranato dilettante, carico di fisime e di fobie, che rappresenta la moralina americana del self made man della frontiera, reso ancora più grottesco dalla paccottiglia occultistica tipica della spiritualità New Age che aleggia sulle sue avventure. Un tombarolo yankee, insomma, e nulla più; altro che un Cavaliere del Graal, al massimo, un cow-boy made in Disneyland, più adatto alle scenografie di Hollywood che all'Olimpo dei veri eroi.

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