Irrazionale appare ogni progetto politico fondato sull'idea di poter cambiare la natura umana, addossandole compiti che non può assolvere. Di qui la coscienza della precarietà della sua condizione. Questo è ciò che caratterizza il realismo politico: l'affermazione del principio di realtà a fronte del principio del desiderio. In Italia tra i maggiori esponenti di questa dottrina si annoverano Gaetano Mosca e Guglielmo Ferrero, ai quali è dedicata una raccolta di saggi di vari autori: Aspetti del realismo politico italiano. Gaetano Mosca e Guglielmo Ferrero (Aracne Editrice, pagg. 557, euro 32, a cura di Lorella Cedroni).
Per Mosca in ogni regime politico a detenere il potere è sempre una minoranza organizzata, in grado di imporsi alla maggioranza disorganizzata. Ciò vale anche per il regime democratico, dove il suffragio universale non è garanzia di sovranità popolare, perché la classe politica manipola il consenso con mezzi clientelari e demagogici, corruzione compresa. L'ideale di Mosca è il governo misto, cioè la monarchia costituzionale. Diverso il caso di Ferrero il quale, anche se concorda sull'idea che è sempre un'élite a governare, afferma che ogni ordine politico regge e dura finché i princìpi generali che presiedono alla sua vita sono considerati giusti dalla stragrande maggioranza dei suoi componenti. Senza questa condizione, ogni potere si ritroverà sempre soggetto a squilibri, rotture, insorgenze. Necessari e vitali sono quindi i princìpi di legittimità, senza i quali qualunque sistema politico precipita nel disordine. Ferrero pensa dunque che la democrazia possa essa realizzata, purché rispetti le condizioni della legittimità.
Che cosa accomuna il liberale conservatore Mosca e il liberaldemocratico Ferrero? Qual è il rapporto fra il realismo politico e il loro liberalismo? Per Mosca e Ferrero l'unica libertà possibile è quella imperfetta creata dalla società liberal-borghese.
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