Una volta i mecenati chiedevano di mettere nel quadro la loro faccia, o l'intera famiglia. Oggi i brand ottengono di mettere nell'opera la marca. E per farlo pagano profumatamente, proprio come i signori di secoli fa. Nel cinema, quello che si chiama product placement è diventato normale fonte di sostentamento. In letteratura invece ci sono ancora parecchie barriere culturali da superare. E non parliamo nemmeno di eclatanti casi di coincidenze promozionali come Il diavolo veste Prada , ma di piccoli equivoci senza importanza, come quello accaduto un paio di mesi fa quando Zadie Smith, che in un breve saggio sulla New York Review of Books si riferiva chiaramente alla birra Corona senza nominarla, si è vista accusare di pubblicità occulta.
È recentissimo però il raggiungimento di una vetta apicale: Land Rover ha in maniera trasparente commissionato allo scrittore William Boyd The Vanishing Game , un vero e proprio romanzo, o meglio, visto che il marketing ama le formule peculiari, una «avventura digitale» e «esperienza letteraria interattiva su Tumblr». Chi è William Boyd? Un premiato e stimato romanziere, drammaturgo e sceneggiatore britannico nonché designato legittimo prosecutore delle avventure di James Bond, che porta così nelle casse dei produttori della prossima avventura di 007 una bella idea da affittare. Pare che Boyd infatti abbia intascato dall'azienda un assegno a sei zeri per un lavoro di cinque mesi e 17mila parole. Compito fondamentale: mettere il brand in modo credibile («Totale libertà di inventare, purché una Land Rover comparisse da qualche parte») al centro di una storia il cui protagonista, Alec Dunbar, attore in periodo nero, con l'appartamento appena svaligiato, guida una Defender tra le intemperie, interrotto solo dalle storie personali dei proprietari di 4x4 che, attraverso l'hashtag #WellStoried, possono mettersi al centro del copione in «tempo reale». Il tutto è già stato declinato in video, fotografia, animazione, musica per non trascurare nessuna possibilità mediale, trinciato in otto parti da somministrare ad hoc ai lettori-guidatori e reso disponibile da scaricare gratuitamente come ebook da Amazon e Apple.
In fondo, lo stesso Ian Fleming ricevette una commissione dalla Kuwaiti Oil Company per scrivere la storia del Paese e della sua industria petrolifera... Il punto di partenza però stavolta, e qui sta la novità, è senz'altro letterario, dato che Boyd si è sentito in dovere di una excusatio non petita : «Credo che Land Rover sia parte della geografia mentale di qualsiasi inglese, quindi il fatto che mi sia stato chiesto di scrivere una storia in cui una macchina del genere trasmetta irresistibile fascino mi è parso più che altro un dovuto atto di omaggio». Nessun problema di rivendicazione di indipendenza narrativa. Anzi, chiamata in campo dei colleghi che nel tempo si sono ritrovati a fare i conti con altri brand da promuovere e romanzare, a partire da Charles Dickens, che in Dombey e Figlio cita la medicina Holloway: «Non mi interessa come verrò considerato: i narratori hanno sempre scritto su commissione».
I compagni di banco di Boyd si moltiplicano e si sentono a posto con la loro coscienza creativa, anche se le élite letterarie, come ha scritto il Guardian , gridano all'orrore. Don Winslow, James Flint e una manciata di altri nomi di spicco della letteratura americana si sono impegnati con orgoglio e poesia nei racconti che BMW ha raccolto in audiobook da ascoltare in auto: in Beautiful ride di Winslow, Ted ha perso tutto tranne una Z4 convertibile, «Blu cobalto come l'oceano in un giorno chiaro e pulito di inizio primavera». Poi ci sono gli autori che firmano romanzi che inzeppano di firme per le quali però giurano di non prendere un quattrino: Lacoste, Yamaha, Mercedes, Lexus, Apple, Bang & Olufsen, Porsche, Tag Heuer, Casio, Volkswagen Golf sono solo alcuni dei marchi che compaiono nelle pagine dell'ultimo bestseller di Haruki Murakami L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio (Einaudi), bestseller sulla cui incorruttibilità pubblicitaria tuttavia non tutti giurano. Brett Easton Ellis non disdegnò le ammucchiate di marchi nel suo American Psycho ; Mordecai Richler si dimostrò un altro appassionato di Macallan con il suo Barney ; Ernest Hemingway nel Giardino dell'Eden fece delle fonti Perrier un centro narrativo; Geoff Dyer ha dedicato un racconto ai sandali Teva.
Alcuni ormai - dopo aver dato un occhio al reddito medio di un autore professionale secondo l' Authors' Licensing and Collecting Society inglese, 11mila misere sterline - reclamano di essere al più presto «selezionati» dalle imprese. Come Sophie Hannah, altra scrittrice di sequel post-mortem, i Poirot di Agatha Christie: «Se qualcuno offrisse a me dieci milioni di sterline per scrivere un romanzo con al centro una marca di shampoo, lo farei.
Anche fosse un prodotto che odio».Certo poi non si spiega come mai, visto tanto entusiasmo, sul sito ufficiale di William Boyd l'esperienza con Land Rover non compaia in nessuna sezione. Incluse le meno letterarie, come «Novità e Eventi».
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