Il verso giusto Caractacus La pecora nera dei Brontë


di Nicola Crocetti


Fortuna, come sei incostante e vana,
per un'ora sorridi al disgraziato
che s'illude dei tuoi allettanti doni,
poi la tua fronte offuschi e quello cade
in cupi abissi di disperazione.
Sei come un cielo intatto senza nuvole
né indizi della prossima tempesta.
Speranza, su di te il mio sguardo indugio:
sei la mia lampada, il tuo raggio seguo
in questa selva oscura aspra di rovi
in quest'arida landa di Sventura.
Veglia tu sui miei passi finch'io varchi
l'impetuoso invincibile torrente
e i possenti marosi della Morte…


(Traduzione di Silvio Raffo)


Unico figlio maschio di una delle più straordinarie famiglie della letteratura mondiale, Patrick Branwell Brontë è un caso singolare. Dotato di intelligenza acuta e talento multiforme, si dedica alla storia, alla pittura, alla prosa e alla poesia con ottimi risultati ma con scarso successo. La sua figura di artista brillante viene infatti oscurata - per una volta a ruoli ribaltati rispetto alla tradizione secolare - dalle tre sorelle Charlotte, Emily e Anne. Assieme a loro Branwell cresce vagando nella sterminata brughiera dello Yorkshire, che farà da sfondo ai romanzi memorabili
Jane Eyre di Charlotte e Cime tempestose di Emily. Con loro, il ragazzo si sfida in competizioni letterarie e inventa fantasiose saghe di centinaia di pagine ispirate alle figure di Napoleone e del Duca di Wellington.
Nato nel 1817, quarto di sei figli (altre due sorelle moriranno bambine), Patrick sembra destinato a grandi imprese. Il padre, Sir Patrick Brunty (che cambia cognome in onore di Nelson duca di Bronte), gli dà un'educazione classica in casa, mentre manda le sorelle in collegi e conviti. Fin da giovanissimo, Branwell scrive poesie e prose di raffinata eleganza, dipinge quadri pregevoli e suona l'organo e il pianoforte. Ma nessuna di queste attività gli procura fama o riconoscimenti: il suo nome verrà sempre in coda alle altre Brontë. Non stupisce che, dopo aver dipinto un celebre ritratto di sé con le tre sorelle, una notte, in preda a una furia distruttiva, cancelli la propria figura dalla tela.

Le sue poesie, del tutto ignorate in Italia, sono ora tradotte per la prima volta da Silvio Raffo, cui va il grande merito di aver rivalutato questo sventurato e infelice artista. Che visse gli ultimi anni murato in un'astiosa solitudine domestica, da cui la morte lo libererà nel 1848, a solo 31 anni.

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